« E disse loro una parabola: “Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno » (Lc 21,29-33).
Soloviev ci dà una descrizione del personaggio Anticristo che fa pensare. Lo immagina non tanto come truculento e sanguinario despota, quanto come sovrano «illuminato», pacifista, animalista ed ecumenista.
L’Anticristo di Soloviev non è grossolanamente materialista, ma «uno spiritualista convinto», un asceta, uno studioso, un filantropo. Autore di numerose pubblicazioni, fra cui una, di grande successo, si presenta come «l’assieme e l’accordo di ogni contraddizione».
Fra i suoi scritti figura anche una grande opera di critica biblica che gli ottiene vasti riconoscimenti internazionali e anche una laurea ad honorem in teologia che gli viene conferita dalla prestigiosa università di Tubinga. Lo sforzo ecumenico spinge l’imperatore del mondo (perché tale diventa ben presto) a convocare un grande concilio a Gerusalemme.
Qui ha luogo la scena madre che contrappone l’Anticristo alle uniche tre figure della cristianità che gli fanno opposizione: il patriarca Giovanni, ortodosso, il professor Pauli, protestante e il papa Pietro II. All’ecumenismo quantitativo che il grande filantropo propone essi oppongono l’ecumenismo della verità e il professore e lo staretz si stringono attorno al pontefice romano per opporre l’ultima strenua resistenza.
Allora si svolge il dialogo decisivo: «Sul palco c’era la grande maggioranza del concilio, ivi compresa tutta la gerarchia dell’Oriente e dell’Occidente. In basso rimanevano soltanto tre gruppi d’uomini che si erano avvicinati gli uni agli altri e che si serravano intorno al padre Giovanni, al papa Pietro ed al professor Pauli.
Con voce rattristata, l’imperatore indirizzò loro la parola: “Che posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che desiderate da me? Io l’ignoro. Cristiani ripudiati dalla maggioranza dei vostri fratelli e dei vostri capi, condannati dal sentimento popolare, ditemi voi stessi ciò che avete di più caro nel cristianesimo!”
Allora, simile ad un cero candido, padre Giovanni si rizzò. Con dolcezza, rispose: “Grande Sovrano! Nel cristianesimo per noi nulla c’è di più caro di Cristo stesso. Il cristianesimo è Lui stesso e tutto viene da Lui, perché noi sappiamo che in Lui abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Da te, o sovrano, siamo pronti ad accettare ogni bene, purché nella tua mano generosa noi possiamo riconoscere la santa mano di Cristo. Alla tua domanda, che puoi tu fare per noi, ecco la nostra risposta: qui, adesso, davanti a noi, confessa Gesù Cristo Figlio di Dio, che si è incarnato, che è risuscitato, che verrà di nuovo. Confessalo e noi t’accoglieremo con amore, come il vero precursore del suo secondo e glorioso avvento”.
Tacque ed i suoi occhi ficcò negli occhi dell’imperatore. In costui stava avvenendo qualcosa di orribile. In grembo al suo essere scoppiava una tempesta diabolica […]. Perdeva interamente l’equilibrio interiore e tutti i suoi pensieri si concentravano sul desiderio di serbare le apparenze del dominio di se stesso e di non svelarsi troppo in fretta. Fece degli sforzi sovrumani per non gettarsi con urla selvagge sull’uomo che gli aveva risposto e non dilaniarlo coi denti» (Vladimir Soloviev, L’ avvento dell’Anticristo, Trad. it., Milano: Vita e Pensiero, 1951, pp. 106-107).
La confessione del Verbo incarnato fa tutt’uno con la confessione della divina maternità di Maria e della sua maternità spirituale. S’illumina di nuova verità l’antica invocazione «Maria, vincitrice di tutte le eresie»!
Il Santo del giorno: San Saturnino di Cartagine, martire