« Il Signore parlò […] ad Acaz: “Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto”. Ma Acaz rispose: “Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”. Allora Isaia disse: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele » (Is 7,10-14).
Le parole di Isaia, nel Vangelo di Matteo (cfr. Mt 1,23), sono riprese dall’angelo per rivelare a Giuseppe la sua vocazione, lui infatti deve dare il nome a colui che sarà generato da Maria. Se colui che « è generato in lei (Maria) viene dallo Spirito Santo » (Mt 1,20), ciò non significa che Giuseppe non abbia un ruolo importantissimo: lui deve essere il padre secondo la legge e su di lui, e solo su di lui, incombe il dovere e la responsabilità di imporre il nome e, così facendo, di trasmettergli la dignità di discendente di Davide e dunque il titolo ereditario di Re.
Il titolo di Emmanuele costituisce quasi una sintesi di tutte le profezie messianiche. È una professione di fede, che supera e trascende il senso inteso da Isaia. L’Emmanuele, infatti, è il Signore Dio nostro! Il titolo qui assume un significato assolutamente concreto e letterale. Qui il “mito”, l’immagine, la prefigurazione, diventa storia.
Dio ha assunto la nostra carne mortale per fare di tutti gli uomini una sola famiglia di cui Dio è Padre e in cui noi siamo dunque tutti fratelli. Anche i lupi si aiutano perché si riconoscono della stessa razza. Per gli uomini è diverso: in Gesù scoprono di essere figli di Dio e di poterlo diventare realmente ri-vivendo la sua stessa vita.
In Gesù la fraternità smette di essere solo una vaga aspirazione o una sinistra ideologia, ma diventa realtà concreta e quotidiana. Che meraviglia!
Il Santo del giorno: Santa Francesca Saverio Cabrini, vergine