« Allora alcuni scribi e farisei gli dissero: “Maestro, da te vogliamo vedere un segno”. Ed egli rispose loro: “Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone! » (Mt 12,38-42).
Qual’è questo segno di Giona? Il libro di Giona è un testo scritto molto probabilmente dopo l’esilio, in cui l’ignoto autore descrive la sua esperienza di dubbio e di travaglio interiore che sfocia nella felice soluzione che Dio infine gli rivela (qualcosa di molto simile al libro di Giobbe). A questo pio e saggio israelita riesce molto difficile pensare che le genti, i popoli di cui ha fatto terribile esperienza, in particolare a Babilonia, possano essere amati da Dio e addirittura da Lui salvati. “È mai possibile che ci sia salvezza anche per questi farabutti?”.
Compone un libro rifacendosi ad un profeta vissuto qualche secolo prima (2Re 14,25) che è un racconto, non storico ma profetico. Dio manda Giona, assolutamente riluttante, a predicare a Ninive, annunciando la sua distruzione (tra quaranta giorni), Ninive però si converte e il castigo annunciato non avviene. Il profeta ci rimane assolutamente male e soffre di questo perdono, finché Dio non gli fa capire la grandezza della sua misericordia.
Questo è il “segno di Giona” che Gesù compie con la sua vita, con la sua morte e resurrezione, che sono il suo Vangelo. In questo tempo intermedio tra le due venute del Signore siamo invitati ad accogliere con umiltà l’invito alla conversione che ci è proposto, come gli abitanti di Ninive. La conversione non ci è scaraventata addosso, richiede la nostra accoglienza, così come la Salvezza o la Condanna.
Se chiudiamo il nostro cuore, non sarà lui a condannarci, ma la Parola di verità uscita dalla sua bocca. Perché Dio non dà un segno assolutamente evidente ed inequivocabile che garantisca ora, adesso, la sua rigorosa giustizia? Perché aspetta? Perché « Dio è Amore » (1Gv 4,8.16) e l’amore non si impone.
IL SANTO DEL GIORNO*: SANT’ELIA, PROFETA