« Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkia; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre » (Is 22,19-23).
Šebna era il maggiordomo della casa del re Ezechia. Un megalomane che si era già fatto costruire nella roccia un sepolcro monumentale. Isaia gli annuncia il verdetto di Dio: il suo potere gli sarà tolto e sarà passato ad un successore, Eliakìm.
Sulle spalle di Eliakìm sarà posto il segno del potere: la chiave di David. Era la chiave della cittadella di Sion, capace di aprire le sue porte enormi, quindi grande e pesante. Non poteva essere messa in tasca, ma doveva essere portata a spalla. ù
Questo episodio che narra la fine del potere gestito da un superbo sarà l’occasione per parlare di questo potere. Il termine viene ripreso nell’Apocalisse, dove il Signore Gesù risorto appare al veggente spaventandolo. Il Risorto lo tranquillizza ponendogli una mano sulla spalla: non temere, io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente e ho ormai le chiavi del regno dei morti e del regno della vita.
Gesù infatti è sceso agli inferi, di cui ha la chiave, e ha liberato da quel carcere le anime dei giusti e ha aperto per loro (ne ha la chiave) il regno dei cieli. Questa chiave è la chiave di cui, quella di Davide, con cui si aprivano le porte della cittadella di Sion, erano la prefigurazione.
Queste chiavi, quella della morte e quella della vita, con cui si può aprire o chiudere le porte della Chiesa, che è, sulla terra l’inizio e il germe del regno dei cieli, Gesù le consegna a Pietro, nominandolo così suo maggiordomo.
IL SANTO DEL GIORNO: SANTA ROSA DA LIMA, VERGINE, TERZIARIA DOMENICANA