« In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?”. Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. […]. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli » (Mt 18,1-5.10).
Erik Peterson ci ha donato uno studio profondo, con la ricchezza e ampiezza di documentazione che contraddistinguono la sua teologia, dove gli angeli sono considerati come i modelli della lode e i nostri co-liturghi nel culto eucaristico.
Egli attira soprattutto l’attenzione su un passo della Lettera agli Ebrei: “Voi […] non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. […] Voi invece vi siete accostati al monte di Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele” (Eb 12,18-24) e commenta: “[…] quando ci vien detto […] che noi ci siamo avvicinati all’adunanza festiva a cui partecipano le miriadi di angeli, cittadini della città celeste, e le anime dei giusti arrivati alla perfezione, dovremmo rappresentarci questo “avvicinamento” cultuale alla festività celeste, considerando la liturgia che l’ekklesia celebra sulla terra come partecipazione al culto che nella città celeste è celebrato dagli angeli.
Considerate sotto questo aspetto, le parole della lettera agli ebrei assumerebbero un significato particolarmente pregnante”. Non è dunque un caso che il Sanctus o Trisághion sia sempre preceduto da un riferimento agli angeli: “È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. […] per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni ti adorano, le Potenze ti venerano con tremore. A te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini uniti in eterna esultanza.
Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell’inno di lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo”. D’altronde sant’Ignazio di Loyola nel Principio e Fondamento, che è come l’ouverture dei suoi Esercizi Spirituali, pone lo scopo della vita dell’uomo nel “lodare, adorare e servire Dio nostro Signore”. È quello che fanno da sempre gli angeli.
Il Santo del giorno: Santi Angeli Custodi