« Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: “Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore”. E si prostrarono là davanti al Signore » (1Sam 1,24-28).
Un uomo di Efraim di nome Elqana aveva due mogli. Una si chiamava Anna (che significa “Graziosa”), l’altra Fenenna (“Perla”). Anna non aveva figli. Nella stessa condizione si era trovata Sara, sposa di Abramo (Gen 16,1); Rebecca, sposa di Isacco (Gen 25,21) e Rachele, sposa di Giacobbe (Gen 29,31: 30,1).
Come le tre spose sterili dei patriarchi divennero madri per realizzare il piano di salvezza di Dio e la loro maternità fu il frutto della preghiera, così lo stesso ora avviene per la moglie sterile di Elqana.
Anche la sua maternità è frutto della preghiera assidua di lei e di suo marito. Nelle stesse condizioni si troveranno Elisabetta e Maria (Lc 1,7-25; 1,34.48). Anche noi – maschi o femmine che siamo non ha importanza – siamo chiamati a generare Cristo nei nostri fratelli (Mc 3,35). Se ci ritroviamo sterili, sappiamo che cosa fare.
Il Santo del giorno: Santa Francesca Saverio Cabrini Vergine