« Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. […]. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. […]. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto:Mediante Isacco avrai una tua discendenza. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo » (Eb 11,8.11-12.17-19).
La fede non è solo una “convinzione”, ma è una “sostanza”, cioè la presenza, già ora, di quello che desideriamo e attendiamo per l’eternità.
Qualcosa che è ancora in germe, ma nella misura in cui liberamente lo accogliamo e ci lasciamo conquistare da lui e attirare nella sua vita, cresce e si sviluppa comunicandoci la sua forza, la sua vittoria e la sua gioia. Accorgersi sempre di più di questa presenza e viverla è il cuore della preghiera, che non è altro che “fede in atto”.
Se la vediamo nella sua vera natura, ci accorgiamo che la preghiera non è tanto un dovere, quanto un cammino di pace e di gioia. In fondo si tratta di accorgersi sempre di più di questa presenza e viverla, aspettandosi da Lui la vera soluzione dei nostri problemi.
Non significa per questo rimanere inattivi, perché è vero il contrario: si tratta piuttosto di trovare e ri-trovare la sorgente di ogni nostra attività. È l’augurio che continuiamo a farci in ogni celebrazione liturgica: Dominus vobiscum – et cum spiritu tuo; il Signore sia con te – e con il tuo spirito.
Se diciamo “amen” [letteralmente: mi appoggio] con il cuore e in verità a questa presenza e alla vita che ci comunica, il che significa ovviamente alla croce con cui ci ha amati e con la quale ci chiede di amare, allora la nostra vita cambia, perché non è più la “nostra”, ma la sua che vive in noi: « non vivo più io, ma Cristo vive in me » (Gal 2,20).