In quel tempo, Gesù disse:
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Matteo 11,28-30).
Gesù, nella sua infinita sapienza di Figlio di Dio, Verbo Incarnato, conosce bene le difficoltà che l’uomo affronta in ogni tempo nella sua vita di fede, ossia nel vivere la sua filiazione divina in un mondo che, dopo la caduta del peccato originale, lo spinge all’autosufficienza e alla chiusura in sé stesso, conducendolo di conseguenza alla perdita del significato della vita, all’indifferenza, allo scoraggiamento e alla disperazione.
Già questo avveniva, in qualche modo, al tempo in cui Gesù visse in Palestina: innumerevoli folle lo seguivano e suscitavano commozione nel suo Cuore perché le vedeva stanche e sfinite come pecore senza pastore. Infatti i pastori non si prendevano adeguata cura del popolo d’Israele, ma si limitavano semplicemente a insegnare una dottrina, la Legge, giusta in sé stessa, ma senza curarne l’amorevole e concreta applicazione nella vita, che anzi rendevano pressoché impossibile con uno stile impositivo e aggressivo fino nelle minuzie, senza il riferimento alla logica della gratitudine a Dio, loro Liberatore e Creatore. I pastori, che persistevano nella disattenzione al loro dovere e osavano perfino contrastare il Maestro di Nazareth che attirava le folle, meritavano i suoi severi ammonimenti.
Anch’essi comunque potevano trarre vantaggio dalle commoventi parole che Gesù rivolgeva a quelli che lo seguivano. Esse hanno un valore universale e perenne: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Queste parole, in qualche modo note per divina ispirazione (cfr. Sir 51, 23-27), ora trovano la loro piena realizzazione nel rapporto stabilito da Gesù stesso con il suo Cuore. Il segreto della vita cristiana, infatti, è proprio nel rapporto vivo e profondamento devoto con il Cuore di Gesù, che dona tutto sé stesso sulla croce affinché chi si dona in questo sacrificio d’amore con Lui abbia la pienezza della sua stessa vita di Risorto. Questa è la vera meta delle persone nella vita individuale, familiare e sociale, e in certo senso di tutto l’universo.
Bisogna che sempre più consapevolmente, e gradualmente in modo esplicito, noi cristiani operiamo per la consacrazione personale, individuale e pubblica al Sacro Cuore di Gesù, evidentemente come punto di arrivo e di partenza di un modo di intendere e impostare la vita secondo la natura e la grazia, come insegna la Dottrina sociale della Chiesa. Proprio questo ha chiesto Gesù stesso mostrando, nei tempi moderni, il suo Cuore ferito e offeso dai peccati dell’umanità, per rialzarla e salvarla con la potenza soave del suo amore sempre misericordioso. La Chiesa con il suo Magistero ha recepito questo messaggio e lo ha affidato ai suoi figli, a tutti noi, e in qualche modo al mondo intero.
Ormai dovrebbe essere chiaro che, in tutti i buoni metodi di evangelizzazione che auspicabilmente si possono elaborare, l’impegno a fare di Cristo il Cuore del mondo appare sempre più utile e conducente al fine, ossia alla conversione a Gesù Cristo unico Salvatore del mondo. Non è certamente un caso che anche la Beata Vergine Madre di Dio e Madre nostra Maria nei tempi attuali ha attirato l’attenzione di tutti al Cuore Sacratissimo del suo Figlio. E ancora, ha chiesto che si praticasse e diffondesse nel mondo la devozione e consacrazione al suo Cuore Immacolato, per amare veramente il suo Figlio Re dell’Universo e, in Lui, instaurare la nuova civiltà per avere qualche tempo di pace.