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Il pensiero del giorno

4 Luglio 2024 - Autore: Don Giuseppe Zanghì



In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire: “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico -, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.
Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini (Matteo 9,1-8).


Gesù continua il suo ministero di Salvatore. Dopo aver mostrato il potere sulle forze della natura e sui demòni (cfr. Mt 8,23-34), cacciandoli da chi ne era posseduto, continua a far sapere a tutti che ha, in terra, pienamente il potere stesso di Dio: perdonare i peccati. Ne dà la prova operando immediatamente la guarigione di un paralitico dopo avergli perdonato i peccati, riconoscendo la fede che avevano lui e i suoi portatori. 

Le folle non hanno difficoltà a riconoscere la verità della presenza di Dio in Gesù di Nazareth, anzi, prese da ammirazione, venerazione e gratitudine per l’opera da lui compiuta, rendono gloria a Dio, presente e operante con la sua meravigliosa potenza nella storia. La misericordia di Dio continua a suscitare gioiosa meraviglia di generazione in generazione su quelli che lo temono (cfr. Lc 1,50) e si lasciano liberare dalla paralisi della paura che tiene gli animi prigionieri, paralizzati, chiusi in sé stessi e senza speranza. 

Questa vera gioia nasce unicamente nell’esperienza liberante ed elevante della misericordia di Dio all’interno della celebrazione della penitenza o confessione sacramentale. Questa infatti non è semplicemente una strategia di naturale empatia socio-psico-affettiva, in qualche modo utile ma francamente insufficiente, quando non deviante, al fine dell’illuminazione del mistero del cuore umano. Solo Gesù, nella ricchezza infinita dell’amore del suo cuore, sa cosa c’è nel cuore dell’uomo e di che cosa ha urgente bisogno. 

Sapeva perfettamente che il paralitico e i suoi portatori erano aperti all’incontro con Dio e non li ha lasciati delusi poiché ha fatto sperimentare loro come il perdono dei peccati libera dalla paralisi spirituale che comunque è sempre segno della vittoria finale sulle malattie e sulla morte. Prima di ogni benessere materiale, nella vita della famiglia e dei popoli, c’è sempre la risurrezione delle anime. Questa è la prima necessità. Questa è la nostra bella testimonianza di cattolici al passo delle sfide attuali, grazie a Gesù che ci dona un cuore nuovo, in comunione con il suo cuore e quello di sua Madre, con l’assoluzione del sacerdote nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. 

C’è una favola indiana che spiega bene questo. Un giorno c’era un topo che aveva paura dei gatti. Un giorno lo incontrò un mago buono che, vistolo così impaurito, lo trasformò in gatto. Diventato gatto, però, il vecchio topo cominciò ad aver paura dei cani. Allora il mago lo trasformò in cane. Diventato cane, cominciò ad avere paura delle pantere. Ancora una volta, il mago lo trasformò in pantera. Ma aveva paura degli elefanti. Allora il mago lo trasformò in elefante. Ma aveva paura dei topi. Allora il mago gli disse: “Con te non posso fare niente, perché continui ad avere sempre il cuore di topo”.

Gesù invece crea un cuore nuovo, se glielo chiediamo. 

Sant’Elisabetta di Portogallo Regina

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