In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino». (Mt 10, 1-7)
Sant’Ignazio di Loyola insiste nell’esortare l’esercitante a mediare la propria incapacità a compiere la vocazione a cui Dio ci chiama. Il Papa Giovanni Paolo I ebbe solo il tempo di farsi amare e nelle prime parole che disse dopo la sua investitura apostolica invocò l’aiuto di Dio per assolvere un incarico a cui si sentiva inadatto: “Se Dio chiama a un compito darà anche le grazie per assolverlo”. Effettivamente quando Dio chiama in modo straordinario è Lui stesso che dà le capacità adeguate per compiere il proprio mandato.
Dio dona in modo esuberante e disinteressato proprio come quando creò il mondo dal nulla. “Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita” (Gen 2,7). Quando Dio chiama a una vocazione legata al servizio divino, accade la stessa cosa. La persona umana di per sé può solo offrire polvere della terra. L’anima dell’apostolato proviene da Dio e dalla sua ispirazione divina, è opera dello Spirito Santo.
“Per grazia di Dio sono quello che sono”, così scrive San Paolo (1Cor 15,10). I grandi apostoli del cristianesimo che hanno operato conversioni di interi popoli e modificato il corso della storia civile non hanno avuto grandi difficoltà nel conservare l’umiltà. Si sono sempre considerati grandi peccatori, non adatti al compito loro assegnato e indegni di una simile vocazione. Cioè sentivano di portare, così si esprime san Paolo, “una preziosa perla dentro un vaso di terracotta” (2Cor 4,7) sempre a rischio di rottura. Quando attribuiamo a un altro il merito di un lavoro ben riuscito diminuiamo il nostro valore. Quando attribuiamo a Dio il merito, questo accresce la grazia di Dio verso di noi. Gli umili servi di Dio sperimentano come il servire Dio significa regnare.