Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà”. Ed essi furono molto rattristati. Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: “Il vostro maestro non paga la tassa?”. Rispose: “Sì”. Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: “Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?”. Rispose: “Dagli estranei”. E Gesù replicò: “Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te” (Mt 17,22- 27).
«Beato colui che non si scandalizza di me» (Mt 11,6). «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale lo scandalo avviene» (Mt 18,6s).
La parola “scandalo” significa esperienza di intralcio, ostacolo e disagio vissuta da chi nell’immediato si sente inaspettatamente provocato spiritualmente e/o moralmente e avverte di non essere disponibile, per qualsiasi motivo, ad accettare o respingere la “provocazione” proveniente dall’esterno e in atto sul proprio piano esistenziale personale in generale, ma anche in particolare con specifica incidenza talora nella dimensione morale e spirituale.
Gesù insegna e avverte che chi provoca la condizione di scandalo con la sua ricaduta peccaminosa, già si trova nei guai. Di natura totalmente diversa è lo scandalo da lui stesso costituito per i suoi contemporanei che lo vedevano, lo udivano, lo ammiravano, ma ne restavano scandalizzati, ossia messi in discussione e disagevolmente provocati per la critica alla loro pseudo-religiosità.
Gesù era loro pietra d’inciampo poiché non erano disposti a cambiar vita e abbandonare, superare o portare a compimento l’impostazione di vita limitata e chiusa in una specie di religiosità semplicemente naturale improntata al “do ut des” invece che al servizio umile e generoso per la gloria di Dio. E non smetteva di proporsi a tutti come modello da condividere. Li esortava ripetutamente ad associarsi a lui nella condivisione della sua morte in croce per entrare nella gloria del vero, umile e obbediente rapporto filiale con Dio per cui tutti siamo stati creati.
Ma non lo volevano intendere. Anzi cercavano pervicacemente strade alternative a quella del sacrificio dell’amore prospettata dal Maestro. Anche Pietro, nonostante la sua sincera amicizia con Gesù, cadde in questa deviazione. Gesù lo rimproverò duramente, ammonendolo a non essergli di scandalo cioè di ostacolo nel compiere l’opera del vero amore a Dio che l’umanità aveva calpestato (cfr. Mt 16,22s).
Al discepolo che avrebbe scelto come roccia, fondamento con lui, della sua Chiesa, insegnava poi anche che non bisogna indurre il prossimo nello scandalo con un comportamento di vita contrastante con le leggi giuste vigenti. Piuttosto è opportuno non volersi avvantaggiare necessariamente di legittimi privilegi, anzi è bene rinunciarvi volentieri per non indurre il prossimo nella facile confusione di gridare allo scandalo. Noi missionari della Nuova Evangelizzazione, ciascuno secondo la propria specifica vocazione, ci gloriamo di fare nostra questa lezione e contribuiamo a far cessare lo scandalo, ancora diffuso, a causa di nostri o altrui tradimenti, inerzie e compromessi che intanto cerchiamo di riparare, da uomini e donne nuovi, sempre in stato di riforma con il rinnovato impegno di preghiera, studio e azione per la salvezza eterna e la nuova Cristianità.