In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento. (Lc 9,43-45)
In cammino verso Gerusalemme, a mano a mano che la meta si avvicina, Nostro Signore parla della sua Passione ai discepoli. Per comprendere il Mistero salvifico non ci si può fermare all’ammirazione per il Signore, come la gente che apprezzava i suoi insegnamenti e osservava stupita i suoi miracoli. Dall’ammirazione, che è pure un nobile sentimento che aiuta l’anima a professare la fede, occorre passare all’accettazione della Croce perché solo allora si disvela la pienezza dell’amore di Dio che si fa carne, soffre e muore per la salvezza degli uomini. C’è tuttavia un istinto interiore che si oppone alla sofferenza e la rifiuta. Nostro Signore l’ha scelta e l’ha santificata rendendola l’esperienza umana fondamentale dove si può sperimentare che cosa sia la salvezza: amore fino al sacrificio della vita. Abbiamo bisogno di meditare sempre più profondamente l’associazione tra sofferenza e amore, mettendoci alla scuola della Croce. Ce lo chiede il Signore stesso, attraverso le sue parole ardenti: “mettetevi bene in mente queste parole”. Egli, poi, allude alla sua Passione parlando di una “consegna”. Gli evangelisti insistono nel riportare questa parola per descrivere il Mistero Pasquale. Il Padre “consegna” il Figlio agli uomini e questi lo “consegnano” a traditori, accusatori, giudici iniqui, soldati crudeli e infine alla morte. Questa “consegna” è pienamente volontaria e nell’istituzione dell’Eucaristia Nostro Signore anticipa la sua offerta sacrificale. Lo dichiara anche la vox Ecclesiae orantis: “prima di consegnarsi volontariamente alla sua Passione, Egli prese il pane”. Sublime grandezza della Santa Messa!
