« Azaria si alzò e fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dei nostri padri; degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre. […]. Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non infrangere la tua alleanza; non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo, tuo amico, di Isacco, tuo servo, di Israele, tuo santo, ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, oggi siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati. Ora non abbiamo più né principe né profeta né capo né olocausto né sacrificio né oblazione né incenso né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia. Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c’è delusione per coloro che confidano in te. Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non coprirci di vergogna. Fa’ con noi secondo la tua clemenza, secondo la tua grande misericordia. Salvaci con i tuoi prodigi, da’ gloria al tuo nome, Signore » (Dn 3,25.34-43).
Il libro di Daniele presenta una particolare “stranezza”, è infatti redatto in tre lingue: ebraico, aramaico e greco. Nella sezione redatta in greco troviamo due autentici “gioielli”: la preghiera di Azaria, che è quella qui riportata e il cantico dei tre giovani (vv.52-90). Nabucodonosor aveva fatto costruire una gigantesca statua ordinando che essa fosse adorata dai suoi sudditi.
Tre giovani ebrei – peraltro fedelissimi al sovrano che avevano aiutato – si rifiutano di compiere quest’atto di idolatria. Per questa ragione vengono precipitati in una fornace dove il fuoco è acceso in modo straordinario, tanto da bruciare gli stessi inservienti del re che lo alimentano. Il fuoco però non li tocca ed essi pregano in mezzo ad esso con fiducia.
Dapprima Azaria-Abdenego e poi, tutti e tre insieme, elevano a Dio un cantico. La preghiera di Azaria è quella riportata qui. Il cantico dei tre giovani è conservato nella liturgia: è il cantico che viene recitato-cantato nell’ufficio delle lodi di domenica e nei giorni festivi. Quale che sia l’origine storica del testo esso riflette una verità fondamentale: nelle prove – anche quelle che ci siamo meritate a causa dei nostri peccati – Dio non ci abbandona.
Se ci affidiamo a Lui le prove (il fuoco) non ci divorano, ma diventano l’occasione per testimoniare la misericordia di Dio in modo evidente a noi e trasparente per chi ci sta intorno.