«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?» (Gv 5,31-47).
Abbiamo qui una contraddizione sulle labbra di Gesù: « Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera » (Gv 5,31); « Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera » (Gv 8,14.18). Mediante questa paradossale contraddizione Gesù spinge gli ascoltatori a effettuare un salto di livello. A superare il livello delle apparenze per entrare nel livello della sua specialissima ed unica testimonianza.
Di fatto la testimonianza di Gesù non è mai una auto-testimonianza, perché tutta la sua vita e il suo essere è rivolto al Padre e viene dal Padre in assoluta dipendenza da Lui. Lui è la Parola del Padre. Chi accoglie la Parola di Dio nell’intimo del suo cuore lo capisce, chi rimane al di fuori della Parola non lo può capire.
Se è vero che l’autotestimonianza non può essere valida, la legge però dice: « Un solo testimone non avrà valore contro alcuno, per qualsiasi colpa e per qualsiasi peccato; qualunque peccato uno abbia commesso, il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o di tre testimoni » (Dt 19,15; 17,6).
Questo è proprio il caso di Gesù, perché parlando non parla mai da sé stesso, ma sempre adduce la testimonianza del Padre, essendo Lui la Parola del Padre detta con Amore. Chi ama lo capisce, chi si chiude all’Amore rimane al di fuori e – giudicando secondo la carne, cioè secondo le apparenze – non capisce. Gesù dice queste cose nel Tempio, proprio « nel luogo del tesoro », cioè nel cortile delle donne dove erano poste delle casse per le donazioni finanziarie e in cui erano posti i candelabri che lo illuminavano (Mishna, ordine 2° Moʻed, trattato Sukkah, capitolo 5, paragrafi 2-4; trattato Sheqalim, capitolo 6, paragrafo 5).
Lui è la luce vera, la luce del Mondo che viene dal cuore stesso di Dio e dà il significato autentico di tutte le cose e di tutte le vite degli uomini.