« Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: “Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome”. Signore degli eserciti, giusto giudice, che provi il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa » (Ger 11,18-20).
Chi è questo « agnello mansueto che viene portato al macello »? I Padri vi hanno scorto senz’ombra di dubbio una prefigurazione di Gesù. D’altronde negli Atti degli Apostoli la figura dell’agnello innocente condotto al macello è chiaramente evocata a proposito di Gesù.
La persona del Redentore viene collegata con quella del servo sofferente di Isaia: « Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca » (Is 53,7). Il termine usato qui per “agnello” è כֶּבֶשׂ che, nelle 116 occorrenze che ha nella Bibbia ebraica, presenta quasi sempre (tranne cinque volte) il significato di agnello per il sacrificio. Questo agnello mansueto – che è entrato a pieno titolo nelle immagini cristiane di Gesù redentore – affida la sua «vendetta», cioè la sua «giustizia» a Colui che lo ha inviato: « insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia » (1Pt 2,23).
La giustizia di Dio Padre, davanti all’offerta piena di Amore del Figlio Gesù è – per chi si identifica con Lui – Amore e perdono.