In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,28 – 30).
Il giogo era un attrezzo in legno posto sulle spalle delle bestie da tiro, utilizzate per gli aratri. Costringeva l’animale a reclinare la testa vero il basso, con conseguente maggior docilità. Da questo gesto è rimasta l’espressione “stare sotto il giogo”, che indica uno stato di oppressione senza alcuna possibilità di protesta.
Ma per qualunque persona infelice, la vita stessa è un giogo pesante e amaro. Purtroppo nei tempi di relativismo e declino della fede, per tanti la vita è insopportabile. Quando hai la morte come unica certezza e la sofferenza perde ogni benedizione e valore salvifico, sposti la tua attenzione dovunque, tranne che sul presente. Era meglio il passato, spero sia meglio il futuro. E’ un’inquietudine che si manifesta spostando tutto verso il futuro, che finisce col togliere ogni possibilità di godere della bellezza odierna. Oggi tanti li vediamo vivere così, cioè solo per quel che viene dopo. Certamente i peccati pesano su tutti: sono come un giogo che ci costringe a guardare verso il basso e vedere cose che non elevano la mente a Dio. Così il peccatore è come un esule, privo di radici, e la vita diviene un peso.
Se accettiamo di portarlo con Cristo, il giogo diviene leggero, soave e assolutamente adeguato alle nostre spalle. Uno dei primi effetti della luce di Cristo nella nostra mente è saper vedere quella porzione di male nel mondo che tocca a noi sanare. Quella è una croce, che ognuno saprà portare fin sul Calvario, con Gesù stesso. Compatta tutta la nostra persona in pensieri, parole e azioni, e muove verso la vita. La croce è salvifica.
Il giogo può essere ristorato dalla sapienza del Signore, che dona pesi adeguati; lo portiamo solo nel tratto del tempo, assai breve rispetto all’eternità, della nostra esistenza terrena. Si impara ad amarlo come l’ha amato Gesù: quando la croce la porti con Lui, il peso è indubitabilmente mitigato.
Nella vita dei santi troviamo la concretizzazione di queste parole, che dette così suonano forse come un’astrazione. La santa in questione, maestra della sofferenza ordinata alla salvezza e piena di grazia, è Ludwina di Schiedam (1380-1433), grande mistica olandese quattrocentesca, la quale tribolava pesantemente nel sopportare una grave malattia, al punto che meditò il suicidio. La sua vita cambiò completamente quando si rese conto che stava soffrendo con Cristo. Il gusto che la grazia del Signore diede alla sua vita, caratterizzata dalla croce della malattia, è notoriamente espressa dalla celebre frase che pronunciò in punto di morte: «se sapessi che con un’Ave Maria otterrei la salute, credo che non la direi»!