
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere» (Lc 8,16 – 18).
Luca riunisce quattro detti di Gesù, che sono strutturati in forma simmetrica: si hanno due sentenze, seguite ciascuna da una motivazione. Ne risulta un’unità armonica che si riallaccia alla spiegazione della parabola del seminatore.
Gesù non è venuto a portare la luce del Vangelo perché resti nascosta. Se anche durante la sua missione storica non ha potuto svelarla pienamente, ma l’ha comunicata quasi in segreto ai discepoli, disponibili all’ascolto, nel tempo post-pasquale il suo messaggio sarà proclamato in tutto il mondo. La Chiesa non sarà formata da una conventicola di iniziati, anzi, riceverà il mandato di annunziare la Verità a tutte le genti, affinché risplenda la luce del Vangelo davanti a tutti coloro che vogliono entrare per essere aggregati alla comunità messianica. L’annuncio del Vangelo ha un carattere pubblico: anche se incontra ostacoli, risposte di fede inadeguate, deve essere proclamato incessantemente in tutto il mondo. Il mistero del Regno è destinato a tutti e non ad un gruppo elitario.
Viene richiamata l’attenzione dei discepoli sul modo corretto dell’ascolto della Parola. L’esito positivo della Parola non dipende solo dalla sua efficacia intrinseca, che nella comunità cristiana è fuori discussione, ma anche dall’impegno del destinatario. Chi possiederà la conoscenza dei misteri del Regno, crescerà in essa e nessuno supera Dio in generosità. Ma chi non l’avrà, sarà privato anche di quella che credeva di possedere. La comprensione iniziale della Verità evangelica sarà sempre più approfondita con un aumento progressivo di luce. Se un amore umano può irradiare una certa “aura”, quanto più l’amore divino che si impadronisce di un cuore e ispira l’amore dell’amore.
Gesù è «Re d’amore». E’ nel cuore che si legano, si intrecciano e si vivono la fedeltà a Dio e l’apertura agli altri, e queste trasfigurano il volto dei santi.
«A chi ha sarà dato, ma chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere». Sembra un’ingiustizia! Se prescindiamo dal contesto. Dal punto di vista economico il discorso non reggerebbe, ma i doni di Dio sono tutt’altra cosa. Vengono chiamati “grazia”, cioè la vita stessa di Dio versata abbondantemente in noi. Chi riceve denaro diventa ricco, ma se non ha la virtù della parsimonia, presto o tardi perderà il denaro che ha ricevuto. Chi è laborioso, guadagna onestamente, valorizza tutto e non teme di rimanere sul lastrico. Lo stesso avviene nella vita soprannaturale. Dio dà la grazia come un piccolo seme, un seme di senapa, destinato a crescere e trasformarsi in un grande cespuglio (Mt 13,21). Perciò i santi pregano volentieri con queste parole: «Signore, prendi tutto, dammi solo la tua grazia: questa mi basta».
Santi Martiri Coreani (Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni)