Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio (Lc 9,51 – 56)
E’ il caso di sottolineare l’attributo che l’evangelista Luca pone sull’operato di Gesù, che “decisamente” prosegue verso Gerusalemme, dove sa che troverà la morte di croce. In obbedienza alla volontà del Padre, ma attuando una scelta totalmente libera, offre sé stesso per amore. Ascoltando suo Padre, Gesù realizza pienamente la sua libertà, motivata dall’amore. Lui è Dio onnipotente, sommamente libero, ma rinuncia alla sua libertà, o meglio sceglie di viverla con un contenuto nuovo, che riempie tutti i vuoti e darà senso anche alla morte.
La vita si rafforza donandola, in un santo servizio, come ha fatto Gesù. Con grande decisione ha afferrato i circa novanta chilogrammi del peso della croce, trascinandoli fino al Calvario. Non si è certo riservato tutte le possibilità, per paura di perderle, come colui che tentenna, ma si è decisamente speso per la causa della salvezza eterna di tutti noi e si è ritrovato pieno di vita, dall’alto della croce, grazie all’amore che ha donato e ricevuto.
L’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani della Galazia, dice: «Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,13).
Vivere secondo la carne significa seguire la tendenza egoistica della natura umana. Vivere secondo lo Spirito, invece, è lasciarsi guidare nelle intenzioni e nelle opere dall’amore di Dio, che Cristo ci ha donato. La libertà cristiana è dunque tutt’altro che arbitrarietà: è la sequela di Cristo nel dono di sé, sino al sacrificio della Croce. Può parere un controsenso, ma il culmine della sua libertà il Signore l’ha vissuto sulla croce, come momento più alto dell’amore.
Mentre sul Calvario gli gridavano: «Se sei figlio di Dio, scendi dalla croce», venne la peggiore di tutte le tentazioni. In quest’ultima, Egli dimostrò la sua libertà di Figlio proprio rimanendo su quel patibolo, per compiere fino in fondo la volontà misericordiosa del Padre. Questa esperienza è stata condivisa da tanti testimoni della verità: uomini e donne che hanno dimostrato di rimanere liberi anche in una cella di prigione e sotto le minacce della tortura. «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32): chi appartiene alla Verità non sarà mai schiavo di nessun potere, ma saprà sempre liberamente farsi servo dei fratelli.