In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (Mt 8,5 – 11).
Le religioni dell’impero romano, al tempo di Gesù, erano fortemente decadenti. I Romani non amavano gli Ebrei, che però erano generalmente molto ammirati per il modo in cui vivevano la loro religione.
Questo centurione è un bell’esempio di filo-giudaismo, infatti nel Vangelo di Luca (Lc 7,1 – 10) è specificato che aveva fatto costruire una sinagoga a Cafarnao. Probabilmente questo centurione non era romano, ma siriaco. Il suo grado era “basso” nella gerarchia degli ufficiali, perciò era frequentemente affidato a personale di province periferiche dell’impero. Evidentemente conosceva la lingua parlata in Palestina. Mostra grande rispetto verso Gesù e dichiara di non essere degno di ricevere nella propria casa un pio ebreo. La Legge proibiva infatti di entrare nelle case dei pagani: proprio per questo Pilato uscì fuori dal palazzo del pretorio per parlare alla folla di Gerusalemme, durante il processo a Gesù (Gv 18,29).
La frase che il centurione ha pronunciato innanzi a Gesù viene ripetuta da secoli nella liturgia romana. La Chiesa ci ha sempre visto un grande atto di umiltà verso la persona del Salvatore. Il rispetto mostrato per l’importanza della parola, è pienamente biblico. Dio ha creato il mondo con la sua parola e dà questo potere creativo a tutti coloro a cui affida un compito. Nei profeti dell’Antico Testamento vediamo spesso questo dono: «Ti ho stabilito profeta…ti costituisco…per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare» (Ger 1,10), tutto ciò accade, solo con la forza della parola. Lo si osserva ancora di più nel Salvatore, che è la parola di Dio fatta carne. «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mc 13,31): la forza della Parola che crea ogni virtù dal nulla ci accompagnerà sempre.
Il Padre Nostro è la preghiera massima, racchiude ogni altra elevazione della mente a Dio. Sono parole insegnate da Gesù, poste sulle nostre labbra come una poesia insegnata ad un bimbo. Sono parole del Figlio di Dio, pienamente donate a noi: quando le pronunciamo Dio ci riconosce suoi figli. Un solo Padre Nostro, pronunciato di cuore, per fedeltà e gratitudine al Figlio di Dio, può cambiare completamente la sorte di un’anima, qui sulla terra e anche in Purgatorio. Il vuoto religioso della Romanità decadente, è paragonabile alla situazione odierna. Chi avverte questo vuoto di spirito, di ideali e di bellezza è pronto per ascoltare la Buona Novella del Regno.
San Francesco Antonio Fasani Sacerdote dei Frati Minori Conventuali