Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. (Mt 7, 1-5)
L’invito di Gesù a non giudicare, come è espresso nel passo parallelo in Lc 6,37, significa non condannare. È probabile che Matteo pensi alla situazione della sua comunità. I cristiani, illuminati dall’insegnamento di Gesù circa la vera interpretazione della Legge e le esigenze superiori per l’attuazione della “giustizia” di Dio, potevano essere indotti a biasimare e criticare i loro avversari, i giudei. Ora, nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare il fratello per condannarlo. Dinanzi a Dio tutti gli uomini sono peccatori e bisognosi di misericordia. Chi userà severità verso il fratello, sarà giudicato con altrettanta severità da Dio. Forse non manca uno spunto polemico anche contro i farisei, ligi praticanti della Legge, ma propensi a disprezzare e a condannare gli altri. I cristiani non devono imitarli, perché il giudizio spetta a Dio, il quale è sempre misericordioso e disposto al perdono dei peccati anche più gravi. L’aggancio con la quinta domanda del Padre Nostro è probabile.
La similitudine della pagliuzza e della trave (v. 3s), chiarisce come tutti devono essere consapevoli della propria miseria. Le nostre continue imperfezioni e trasgressioni della Legge di Dio non ci consentono d’essere severi e intransigenti con i fratelli, ma piuttosto devono farci avvertire il bisogno della misericordia di Dio per non staccarci dal suo amore. La sproporzione fra il nostro debito con Dio e quelli dei fratelli verso di noi, anticipa l’insegnamento della parabola del servo spietato. Psicologicamente siamo portati a notare e giudicare meglio i peccati degli altri che i nostri. Il prossimo ci sta innanzi, noi stessi invece ci vediamo solo riflessi allo specchio. È quindi un saggio consiglio cercare di guardare il prossimo come se guardassimo noi stessi. Quando notiamo i difetti degli altri, cerchiamo di pensare a quante volte anche noi facciamo cose simili. Attraverso gli altri possiamo prendere coscienza dei nostri comportamenti sgradevoli e tenercene lontani.
(cfr A. Poppi – Sinossi dei quattro vangeli)