In quel tempo Gesù disse: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”. (Mt 11, 25-30)
Il giogo
Oggi il termine giogo ed il suo significato non sono attuali. Da un bel pezzo i contadini non usano più l’aratro; i nonni dei nostri coltivatori diretti attuali sostituirono il famoso giogo di legno con dei finimenti in cuoio, in modo che gli animali potessero tirare l’aratro senza eccessive costrizioni. Sotto il giogo la testa dell’animale veniva abbassata verso terra, e l’animale veniva reso più docile. La parola giogo è rimasta per indicare una condizione di oppressione, un popolo costretto ad obbedire senza poter alzare la testa.
Per alcuni, anche la vita è un giogo; la vivono come un peso insopportabile. Si dice che questo sia un sintomo di vecchiaia; ma anche i giovani non sono sempre felici di vivere. L’inquietudine dei giovani si manifesta nella fretta che hanno; quando sarò grande, quando finirò la scuola, quando avrò un lavoro… Ma è proprio questo continuo pensiero del futuro che distrae dal presente e impedisce di godere il bello che si incontra, secondo il francescano stupore, verso tutto ciò che esiste! Qualcuno ha detto: la gioventù è un dono prezioso, peccato che venga regalato a gente imprudente come i giovani che non sanno approfittarne! Ma non solo i giovani, la maggior parte delle persone vive così. Il cuore di san Francesco d’Assisi sapeva cogliere quell’elemento per cui l’acqua non è acqua, ma nostra sorella acqua, intendendo dire una realtà che mi è complementare, che scaturisce dalla mia stessa realtà, alla quale io sono legato indissolubilmente.
Francesco parlava di frate sole, del nostro fratello sole che scalda e illumina, e che quindi ti è fratello perché ti toglie dalla solitudine e ti inserisce in una vitalità più grande. In lui, la prima rivelazione di Dio, cioè il creato, era meravigliosamente illuminata dalla genuinità del vangelo. Quelli come noi, immagine e somiglianza del Figlio Gesù, sono posti nel mondo per fare come Gesù e il creato è un “tutt’uno”, ordinato, assai chiaro e di abbacinante bellezza. Era difficile vivere questa positività evangelica, osservando la ferocia del mondo animale nelle selve oscure che davano tanto adito a superstizioni, come luoghi del demonio invincibile. Ma Francesco, con le sue preghiere solitarie tra le gole profonde di Laverna, abbatte anche questo ultimo residuo di paganesimo. Con lui termina in Europa la cultura pagana. E possiamo dire, con quasi altrettanta certezza, che le stelle che passarono sopra quel corpo scarno e consunto che giaceva rigido sul pavimento di pietra, per una volta in tutte le loro luminose rivoluzioni intorno a un mondo di umanità sofferente, guardando giù videro un uomo felice.
(cfr. T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno; G.K. Chesterton – San Francesco d’Assisi)