“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. (Gv 14, 15-21)
Ci avviciniamo alla festa della Pentecoste e nella liturgia odierna ci si prepara ad essa. Nel Vangelo Gesù parla dello Spirito ai discepoli con il termine di Paraclito, cioè “ ‘Consolatore’, il quale vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto, e resterà con voi per sempre”. Nell’Antico Testamento, Dio è il grande consolatore, colui che consola come una madre. Questa consolazione di Dio si è incarnata in Gesù Cristo che si definisce il primo consolatore o Paraclito (Gv 14, 15). La conseguenza pratica è che non basta studiare il Paraclito e invocarlo, dobbiamo diventare noi dei Paracliti. Se siamo chiamati ad essere “Alter Christus”, cioè un altro Cristo, dobbiamo anche essere altri Paracliti. Mediante lo Spirito Santo, è stato effuso nei nostri cuori l’amore di Dio cioè, l’amore con cui siamo amati da Dio, sia l’amore con cui siamo resi capaci di amare, a nostra volta, Dio e il prossimo (Rom 5,5). Applicata alla consolazione – la forma che l’amore prende davanti alla persona amata – quella parola dell’Apostolo viene a dirci una cosa importantissima: che il Paraclito non si limita a darci un po’ di consolazione, come un contentino, ma ci insegna l’arte di consolare. In altre parole, non solo ci consola, ma ci rende capaci di consolare a nostra volta gli altri.
Ce lo spiega bene san Paolo:
“Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo consolare anche noi quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio” (2Cor 1, 2-4). La consolazione viene dal Padre di ogni consolazione, ma raggiunge il suo scopo quando chi ha sperimentato la consolazione se ne serve per consolare, a sua volta, gli altri. Dio consola attraverso di noi. In un certo senso lo Spirito Santo ha bisogno di noi, per essere Paraclito. Egli vuole esortare, difendere, consolare; ma non ha bocca, mani, occhi per dare un corpo alla sua consolazione. O meglio, ha le nostre mani, i nostri occhi, la nostra bocca. La nostra anima può desiderare di fare un sorriso o una carezza, ma non può farla da sé; ha bisogno che la mano traduca in atto il suo desiderio. Come l’anima agisce, si muove, sorride, attraverso le membra del nostro corpo, così lo Spirito Santo fa con le membra del “suo” corpo che è la Chiesa. (cfr. R. Cantalamessa – La parola di Cristo – S. Paolo – p.91-93)