Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (Mt 28, 16-20)
Un tempo l’ascensione di Gesù al cielo richiedeva un atto di fede, ma era comprensibile e lasciava tranquilli. Il cielo era ancora considerato, come al tempo di Gesù, quello spazio misterioso e vuoto che sta sopra la nostra testa e in cui dimora Dio. Oggi, però, diventa sempre più difficile continuare a pensare con questo schema a tre piani nel mondo (cielo, terra, sottoterra). Da quando l’uomo, con le sue macchine, ha violato gli spazi di questo cielo, noi ci stiamo convincendo sempre che non esiste un cielo come quello che avevamo immaginato per tanti secoli. L’universo è molto più vasto di quello che veniva indicato con il termine cielo.
Che significa allora che Gesù è asceso al cielo? Gesù non entra in un luogo, ma in una dimensione nuova, dove non hanno più senso le nostre espressioni sopra, sotto, davanti, dietro. Andare in cielo, significa andare a Dio; essere in cielo, significa essere presso Dio. Il cielo non c’è, ma si forma nel momento stesso in cui la prima creatura giunge definitivamente a Dio; il cielo si forma, dunque, con la resurrezione e l’esaltazione di Cristo. Gesù non è asceso ad un cielo già esistente, ma è andato a formare il cielo: “Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi porterò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 4, 2-3). Il cielo è, dunque, il corpo del Cristo risorto con il quale andranno a ricongiungersi e a fare massa, per formare un solo Spirito con lui, tutti i salvati (1Cor 6, 17; 15, 49ss).
(cfr. R. Cantalamessa – La parola di Cristo – San Paolo – p. 94-95)