Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi. (Mt 5, 1-12)
Gesù è seduto sulla cima di un monte e sotto di lui i discepoli lo ascoltano. È l’atteggiamento di chi impartisce un importante insegnamento. Qui Gesù è il nuovo Mosè e le beatitudini sono la carta d’identità del cristiano. Guarda a Gesù e vedrai le beatitudini. Esse sono tutt’altro che un astratto insegnamento di un teorico “rabbì”, per quanto possa essere saggio. Sono invece il modo concreto di vivere del Signore Gesù. Sono l’ideale di vita corrispondente alla salvezza eterna, come Dio desidera che da tutti noi sia fedelmente vissuto. Se fissiamo fedelmente lo sguardo su Gesù, dalle sue espressioni, dalle più forti alle più sfumate, emergono le beatitudini. Matteo – rispetto a Luca, che evidenzia più le figure umane – fa emergere l’atteggiamento spirituale, a cui siamo tutti chiamati, per una vera sequela di Cristo, libera da illusioni. Ai discepoli è garantito un premio, quello a cui ogni anima veramente anela, cioè la felicità nella visione del volto del Padre, che chiaramente, non appartiene a questa vita ma a quella futura. Il Vangelo non garantisce che la nostra fatica sia ricompensata in questo tempo. Ma è verità, “che il discorso della montagna insegna apertamente”, che chi vive secondo lo Spirito delle beatitudini, può raggiungere quaggiù uno stato di serenità, tanto misteriosa quanto santa e non offuscabile, neanche dalle improvvise burrasche del tempo.
La prima delle beatitudini pone l’orizzonte di fondo. Beati i poveri in spirito, cioè coloro che sono ricchi dell’amicizia con il Padre e la sua provvidenza, e quindi liberi da attaccamenti a ciò che possiamo sempre perdere: denaro, beni materiali e posizione sociale, che di per sé sono solo strumenti, da possedersi e usarsi rettamente allo scopo di trafficare i nostri talenti e diventare santi. È un sentimento che esorta a rinunciare a tutto ciò che eccede. Beati gli operatori di pace, cioè coloro che accettano il prossimo con i suoi limiti, lo accolgono valorizzandolo, ponendosi sulla stessa linea d’onda, con prudenza, nell’attesa che Dio abbatta le barriere, benedicendo il nostro squisito umanesimo cristiano. Giova immensamente alla vita, guardare all’unica persona che ha proposto e realizzato le beatitudini.