« Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: “Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Ma lei gli replicò: “Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli”. Allora le disse: “Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia”. Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato » (Mc 7,24-30)
Non è per caso che la disputa sulla purità rituale sia immediatamente seguita da due guarigioni di gentili: l’esorcismo sulla figlia della donna siro-fenicia e la guarigione del sordomuto (vv. 31-37). Mettendo in questa posizione i due episodi, Marco intende alludere alle importanti conseguenze della dichiarazione che tutti i cibi sono ormai puri. Il muro di separazione elevato dalle norme cerimoniali tra gli ebrei e i pagani è abbattuto da Gesù (cfr. Ef 2,14). Il luogo in cui questa barriera diventava soprattutto evidente era a tavola: le norme riguardanti il cibo “kosher” (כָּשֵׁר) e il rispetto della purità rituale infatti impedivano al giudeo devoto di mangiare con i pagani (cfr. At 10,28). Il tempo è ormai vicino in cui giudei e pagani saranno chiamati a partecipare alla stessa mensa eucaristica. La preghiera della donna costituisce un “tipo”. Lei non si scoraggia davanti all’apparente rifiuto, ma insiste con coraggio e umiltà. Ha l’audacia di replicare al Signore e l’umiltà di accettare la qualifica di “cagnolino”. E in questo modo ottiene. « La preghiera a Gesù è già esaudita da lui durante il suo ministero, mediante segni che anticipano la potenza della sua Morte e della sua Risurrezione: Gesù esaudisce la preghiera di fede, espressa a parole, [Il lebbroso: cf Mc 1,40-41; 2616 Giairo: cf Mc 5,36; la cananea: cf Mc 7,29; il buon ladrone: cf Lc 23,39-43 ] oppure in silenzio [Coloro che portano il paralitico: cf Mc 2,5; l’emorroissa che tocca il suo mantello: cf Mc 5,28; le lacrime e l’olio profumato della peccatrice: cf Lc 7,37-38 ]. La supplica accorata dei ciechi: “Figlio di Davide, abbi pietà di noi” ( Mt 9,27 ) o “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me” ( Mc 10,47 ) è stata ripresa nella tradizione della Preghiera a Gesù: “Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Signore, abbi pietà di me peccatore!”. Si tratti di guarire le malattie o di rimettere i peccati, alla preghiera che implora con fede Gesù risponde sempre: “Va’ in pace, la tua fede ti ha salvato!”. Sant’Agostino riassume in modo mirabile le tre dimensioni della preghiera di Gesù: “Prega per noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro capo; è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo, dunque, in lui la nostra voce, e in noi la sua voce” [Sant’Agostino, Enarratio in Psalmos, 85, 1; cf Principi e norme per la Liturgia delle Ore, 7] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2616). Le prescrizioni cerimoniali hanno esaurito la loro funzione “separante”, ma conservano sempre il loro significato “prefigurante”. La chiamata di Israele non è annientata… Perché « i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! » (Rm 11,29)