« Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: “La gente, chi dice che io sia?”. Ed essi gli risposero: “Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti”. Ed egli domandava loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo”. E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”» (Mc 8,27-33)
Davanti alla profezia della passione, Pietro ha una reazione di rifiuto. Il rifiuto non ha per oggetto Gesù ovviamente, ma quello che Gesù ha intenzione di fare, la via che si propone di percorrere, che, agli occhi di Pietro, appare come assolutamente sbagliata, inaccettabile, non degna del Messia di Israele: « Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo » (Mc 8,32 e Mt 16,22). Questa posizione di Pietro incarna qualcosa di reale, che ha una continuità e dà origine ad una storia successiva. Alcuni cristiani infatti non accetteranno la croce in quanto evento umiliante ed inaccettabile per un profeta di Dio. Questa posizione la vediamo espressa con chiarezza nel Corano, per cui gli infedeli sbagliano: « […] per aver detto “Abbiamo ucciso il Cristo, Gesù il figlio di Maria, messaggero di Allah” mentre non lo hanno né ucciso né crocifisso. Bensì qualcuno fu reso ai loro occhi simile a lui [oppure: Ma così parve loro].» (Sura IV versetto 157). Dunque per i musulmani quello che è successo sulla croce è stata una parvenza: Gesù è stato prelevato da Dio e portato in cielo e tornerà a giudicare il mondo. Anche per gli islamici infatti alla fine dei tempi tornerà Gesù e giudicherà anche noi che abbiamo creduto che sia morto in croce, perché non è possibile che Dio lasci morire un suo profeta di questa morte orribile. Su come questa morte apparente sia avvenuta il Corano non è troppo chiaro e i commentatori islamici discutono ancora adesso se un sosia sia morto al suo posto o se Dio abbia effettuato il rapimento in modo nascosto. Invece la nostra fede ci insegna che è proprio attraverso questo scandalo della Croce che si compie la nostra salvezza. È un punto cruciale della nostra fede pensare che proprio morendo in quel modo Dio ha manifestato il suo amore: cosa poteva fare di più per te? La Croce per noi non è una sconfitta, è una vittoria. Il Signore morendo in Croce ha manifestato la sua regalità. La reazione di Gesù e le parole che usa diventano allora molto chiare: togliti di mezzo Pietro, mettiti dietro di me, perché davanti mi sei non di aiuto, ma addirittura nemico (Satan = nemico). Diventi un ostacolo, uno skándalon (Mt 16,23). « Questa grande protesta ha nomi precisi: prima si chiama Sinagoga, e poi Islam. Entrambi non possono accettare un Dio così umano. “Ciò non si addice a Dio” protestano. “Egli deve rimanere assolutamente trascendente, deve rimanere pura Maestà. Certo, Maestà piena di misericordia, ma non fino al punto di pagare le colpe della Propria creatura, i suoi peccati” » (San Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, p. 43). La vita del cristiano deve essere una sequela, un seguire Gesù. Purtroppo l’orgoglio, la mancanza di fede ne fanno spesso un precedere. Si fanno progetti elaborati autonomamente e poi ci si stupisce che il Signore non li approvi, non “ci venga dietro”… Allora ci arrabbiamo, ci sentiamo abbandonati, “non seguiti”… Le parole di Gesù a Pietro devono allora far riflettere: chi deve precedere, chi deve seguire? Se facciamo il contrario siamo – di fatto, al di là delle “buone intenzioni” – dei nemici. Succede come nella vita, quando un giovane pieno di “buone intenzioni” vuole aiutare qualcuno più vecchio ed esperto di lui. Molto spesso il giovane non ascolta e si merita così il rimprovero: « spostati e lasciami lavorare, perché mi sei di intralcio ». Mi vuoi aiutare, ma in realtà mi sei di peso perché non mi dai retta. Questo ha fatto esclamare ad un saggio di tanti anni fa: « se gioventù sapesse, se vecchiaia potesse… ». La fede però compie il miracolo: il giovane che crede, che si fida di Dio, può diventare più saggio del vecchio: « Ho più intelligenza degli anziani, perché custodisco i tuoi precetti » (Sal 119,100). Per seguire Gesù bisogna amarlo. Lui e le sue parole. Lui e il suo stile di vita. La persona di Gesù e il suo comportamento non sono separabili, fanno un tutt’uno indistricabile. « Io sono la via, la verità e la vita » (Gv 14,6), cioè io sono la legge, nella quale devi camminare, rimanere e mai devi abbandonare. Il Signore non ha bisogno dei tuoi consigli, considerati un servo inutile (cfr. Lc 17,10), fiero di essere chiamato a seguirlo, contento di identificarti con il Maestro nel suo modo stesso di pensare, anche se non lo capisci. Amare Gesù vuol dire camminare nella via dei suoi precetti: « Questo è l’amore: camminare secondo i suoi comandamenti. Il comandamento che avete appreso da principio è questo: camminate nell’amore » (2Gv 1,6). Amare lui e la via che ha percorso, che è la via della croce, fatta di rinuncia, umiliazione ed obbedienza. Sant’Ignazio non teme di usare una parola molto dura che però ci mette con sicurezza nel cuore delle intenzioni di Gesù: « disprezzo ». Solo se desidero essere disprezzato con Gesù piuttosto che essere onorato senza di lui sono veramente suo discepolo, suo “accolito”.