« Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena » (Gv 15,9-11).
Nel discorso sul buon Pastore Gesù aveva sottolineato che tra il Pastore vero e le pecore intercorreva un rapporto di reciproca conoscenza-amore. In quel contesto aveva già fatto notare che quel rapporto di amore era lo stesso che sussiste tra lui e il Padre da tutta l’eternità (10,14-15). Qui insiste sullo stesso concetto. Da sempre il Padre ama il suo Figlio (17,23-24.26) riversando in lui tutto quello che è e insegnandogli ogni cosa (5,20.26). Qui ci troviamo di nuovo davanti a questo mistero ineffabile e incomprensibile: l’amore con cui Gesù ama i suoi discepoli è lo stesso amore, infinito e radicalmente dimentico di sé nel dono totale, che è quello del Padre: « Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi ». I Padri greci hanno sempre insegnato che il disegno di Dio è quello di “divinizzarci” (cfr. 2Pt 1,4), ma l’insegnamento dei Padri latini, in particolare di sant’Agostino non è assolutamente diverso (lo si è detto per lungo tempo, ma gli studi più recenti hanno dimostrato il contrario). Sant’Agostino infatti insiste soprattutto su questo concetto: se siamo amati con lo stesso infinito amore con cui il Padre ama il Figlio, vuol dire che siamo veramente divinizzati. Gesù ci porta in questo infinito amore e ci invita a non abbandonarlo mai: « Rimanete nel mio amore ». Amore fa tutt’uno con obbedienza: amare vuol dire non far soffrire l’amato disprezzando quello che lui vuole da noi. Amare è essere felici. Quando siamo veramente e profondamente felici? Non quando siamo soddisfatti noi, ma quando facciamo felici quelli che amiamo. Dio ci ama, ci cerca e desidera che noi lo facciamo felice.