« Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio » (Gv 3,16-21).
Il pensiero del giorno: Gv 3,16-21
Dio Padre ci ama da tutta l’eternità. L’idea, purtroppo diffusa, che mette in dialettica la giustizia e l’ira del Padre con la misericordia del Figlio non ha nessun appiglio nella Bibbia e nella Tradizione della Chiesa. Sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali, alle soglie della seconda settimana, ci suggerisce una contemplazione stupenda, a tre piani. Il primo piano è costituito dal mondo, dove gli uomini offendono Dio, si dicono menzogne, si uccidono e costruiscono per sé l’inferno. Il secondo piano è il cielo, dove le persone divine vedono il disastroso comportamento degli uomini e parlano tra di loro su come salvarli. Il terzo è la stanzetta di Nazaret dove la vergine Maria è in preghiera, a cui viene mandato l’angelo Gabriele. La decisione di reagire al peccato con la redenzione nasce nel seno della Trinità ed è opera di tutte le divine Persone. Il Padre decide di mandare il Figlio, il Figlio obbedisce e si incarna, lo Spirito Santo opera il mistero di amore che si realizza nel seno di Maria, sosterrà Gesù fino alla morte e, con la potenza del suo amore vincerà la morte.
L’ostacolo più grave e serio è la nostra incredulità. L’incredulità è ribellione nei confronti della Luce e preferenza delle tenebre. I ribelli si pongono loro stessi fuori dello spazio di salvezza disposto da Dio, disprezzano la sua eredità giudicandosi indegni della sua benedizione (cfr. Gen 25,29-34). « Cristo è Signore della vita eterna. Il pieno diritto di giudicare definitivamente le opere e i cuori degli uomini appartiene a lui in quanto Redentore del mondo. Egli ha “acquisito” questo diritto con la sua croce. Anche il Padre “ha rimesso ogni giudizio al Figlio” (Gv 5,22) [cfr. Gv 5,27; Mt 25,31; At 10,42; At 17,31; 2Tm 4,1]. Ora, il Figlio non è venuto per giudicare, ma per salvare [cfr. Gv 3,17] e per donare la vita che è in lui [cfr. Gv 5,26]. È per il rifiuto della grazia nella vita presente che ognuno si giudica già da se stesso [cfr. Gv 3,18; Gv 12,48], riceve secondo le sue opere [cfr. 1Cor 3,12-15] e può anche condannarsi per l’eternità rifiutando lo Spirito d’amore [cfr. Mt 12,32; Eb 6,4-6; Eb 10,26-31] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 679). Andiamo verso la luce: non temiamo che essa riveli tutte le nostre miserie! La Luce di Gesù è piena di misericordia, di perdono e potenza trasformante. I peccati perdonati diventeranno gemme splendenti della nostra corona regale per tutta l’eternità.