« Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Sono io, non abbiate paura!”. Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti » (Gv 6,16-21).
Il pensiero del giorno: Gv 6,16-21
La traversata del mare di Galilea sta per il passaggio del Mar Rosso: è un simbolo della Pasqua. La vita di ciascuno di noi è (deve essere!) una Pasqua. Dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio. Per compiere la traversata siamo tutti insieme su una barca. Ora però l’itinerario è inverso: dal luogo del monte i discepoli stanno tornando indietro. Quante volte nella vita si torna indietro… A volte però è solo un’impressione, una tentazione: tutto si fa di nuovo buio (« Venuta intanto la sera »; « Era ormai buio »), le acque sono agitate (« il mare era agitato, perché soffiava un forte vento »); il Signore sembra assente (« Gesù non li aveva ancora raggiunti »). Si ritrovano al centro del lago (« Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia »): troppo lontani dalla riva di partenza per tornare indietro, troppo lontani dalla meta per raggiungerla… Chi può dire di non provare mai queste sensazioni? « Io dicevo: “A metà dei miei giorni me ne vado, sono trattenuto alle porte degli inferi per il resto dei miei anni” » (Is 38,10); « Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita » (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno I).
Gesù però non ci abbandona mai: i discepoli vedono Gesù che cammina sulle acque e si avvicina. Solo Dio può camminare sulle acque perché ha il dominio perfetto sul caos e sulla morte (cfr. Gb 9,8; Sal 77,20; Is 51,10). Camminare sulle acque, avere il completo dominio sulla vita e su tutte le sue insidie è il sogno impossibile dell’uomo. Ma in Gesù l’impossibile diventa possibile. La paura che attanaglia l’uomo nei momenti critici della vita può essere vinta. Non temete! Sono io. Parola ambigua, secondo lo stile caratteristico di Giovanni che vuol dire, al di là del suo senso immediato e banale: “Io sono” cioè il nome con cui Dio si è rivelato a Mosè (Es 3,14). Gesù rivela la sua identità, qui come diverse altre volte nel vangelo di Giovanni (8,24; 58; 13,19; 18,16): io sono la pienezza dell’essere, sono il principio e la fine, io conduco la storia, non abbiate paura, affidatevi a me. « Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti ». Come si fa a raggiungere la riva nonostante le tempeste, le paure, i venti contrari che non mancano mai nella vita? Accogliendo volentieri Gesù nella nostra barca e nel nostro cuore: un altro modo per descrivere la fede. Presupposto indispensabile: dobbiamo essere ben convinti che non possiamo farcela da soli… ecco l’umiltà.