« “Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo”. Allora Pietro disse: “Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?”. Il Signore rispose: “Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più” » (Lc 12,39-48).
Oggi si va diffondendo una concezione della morte apparentemente più rassicurante: quella fornita dall’ideologia della reincarnazione. La morte sarebbe solo un passaggio da un corpo ad un altro, da un’esistenza ad un’altra. Si tratta di una dottrina che ha avuto successo soprattutto in oriente (con un significato però completamente diverso da quello che gli attribuiamo noi occidentali). Il cristianesimo l’ha sempre respinta sin dalle origini, perché l’esistenza dell’uomo è unica, come unico il suo corpo: « è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio » (Eb 9,27).
Come è evidente dalla parabola del povero Lazzaro e anche dall’episodio del buon ladrone, dopo la morte segue immediatamente il giudizio e la retribuzione in rapporto alla fede e alle opere che da queste fede saranno scaturite. La fede infatti opera mediante l’amore (Gal 5,6) e il giudizio verterà proprio sull’amore: « Alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore » (san Giovanni della Croce). Il giudizio incombe sul singolo e sulla storia. Perché il singolo è indissolubilmente legato a tutta la storia. Per cui, finché la storia non è finita non è neppure definitivamente conclusa la vicenda del singolo uomo.
Questo è il motivo del giudizio universale e della “risurrezione della carne” che è rimandata a questo evento. Ora molte cose rimangono nascoste, ma verrà un giorno in cui tutta la storia sarà giudicata da Cristo. Perché lui è il senso della storia. La nostra vicenda si inserisce in questo grande quadro, dalla Genesi all’Apocalisse.
Qualunque sia il nostro ruolo sociale apparente esso ha un senso e un’efficacia rispetto ad esso e anche in quella luce verrà giudicato… Affidiamoci subito al tribunale della misericordia! La giustizia di Dio è l’unica che non ci deluderà mai, perché coincide con la sua infinita misericordia.