« Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia! Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli » (Mt 10,24-33).
Il discepolo di Gesù – se veramente è suo discepolo – non deve aspettarsi altro trattamento rispetto a quello che è stato riservato al suo Maestro. Se hanno chiamato Gesù “Beelzebul”, anche l’azione dei suoi discepoli riceverà la stessa interpretazione. Di fatto l’azione potente di Gesù sui demòni appariva stupefacente per la sua immediatezza ed efficacia. I nemici l’avevano interpretatata come proveniente dal Diavolo stesso – “Beelzebul” che qui, dato il contesto, vuol dire “Signore (Baal) della casa” – e il Signore aveva bollato questa interpretazione come una « bestemmia contro lo Spirito » (Mt 12,31), un peccato imperdonabile perché rivolto direttamente contro la sorgente di qualunque perdono. Se Gesù e l’azione onnipotente del suo Spirito si identificano con il Diavolo, il capo della casa, a maggior ragione verranno identificati con lui i familiari della stessa casa. Ma di chi s-ragiona così non si deve avere paura, perché il suo potere è limitato. Può al massimo uccidere il corpo, ma non può colpire la vera vita di cui il corpo è solo uno strumento. La vita eterna è al di là della sua portata e di suo gli sfugge. La paura più vera è sensata è invece quella di compromettere il rapporto con Dio, perché lì la posta in gioco non è la vita terrena, ma la vita eterna. Lì non si tratta di morte terrena, ma di morte vera e definitiva, cioè di « seconda morte » (Ap 2,11).