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Il pensiero del giorno: Mt 13,1-9

26 Luglio 2017 - Autore: Don Piero Cantoni

« Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: “Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti” » (Mt 13,1-9).

Gesù nei Vangeli annuncia il Regno di Dio. Dice che è « vicino » (Mt 3,2; 4,17; 10,7; Mc 1,15; Lc 10,9.11; 11,20; 21,31), che – addirittura – è già « in mezzo a voi » (Lc 17,21). Ad esaminare le cose con più attenzione, non tardiamo ad accorgerci che il Regno si identifica con Gesù stesso. “Viene” ed “è vicino”, perché in Gesù e per mezzo di Gesù Dio si approssima all’uomo per restaurare la sua sovranità sul mondo. È per questo che la sua venuta sconvolge le forze del male: « Sei venuto a rovinarci? » (Mc 1,24) e le mette in fuga: « Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio ­» (Lc 11,20). Se gli uomini accolgono la sua Parola e credono, succede come quando il seminatore getta il seme in un campo. La forza di dare il frutto, il modo con cui il frutto si sviluppa, sfuggono a chi lo riceve… Ma in qualche modo dipende da lui l’accogliere il seme e il custodirlo. Il seme può essere accolto lì per lì, ma poi trascurato. Cade su una strada, non penetra, non viene veramente accolto. Gli uccelli lo beccano ben presto e di frutto non se ne parla più. Cade su un terreno sassoso. Viene accolto, ma troppo in superficie. Non può mettere veramente radici; ciò che nasce non può cercare il nutrimento e la linfa vitale in profondità: è destinato ad essere seccato dal calore del sole. Quello stesso sole che – se avesse radici e linfa in sé stesso – lo farebbe crescere e portar frutto, lo scalda e lo secca. Cade in mezzo ai rovi. Mette radici, cresce, ma ben presto è soffocato da piante più forti di lui: le paure e le preoccupazioni del mondo. In queste immagini sono descritte le possibili, molto spesso alterne vicende della «buona battaglia della fede» (1 Tim 6,12). L’entusiasmo della conversione, quando la Parola di Dio ci illumina e ci conquista e tutto “sembra facile”. La delusione davanti al “tutto e subito” che manifesta la sua falsità e si rivela come una illusione e quindi come una insidiosa tentazione… La stanchezza dell’attesa davanti a qualche cosa che “succede”, ma succede nel profondo e noi non lo vediamo e non lo controlliamo: «Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4,27)… La fatica dell’umiltà che deve saper aspettare il tempo del nascere, del crescere e della raccolta, cioè il dispiegarsi di una forza che non viene da te… Le impennate dell’orgoglio e della rabbia che vorrebbero ribaltare una situazione con le proprie forze, cambiando le scelte fatte in precedenza, quando la voce di Dio era sensibile e noi eravamo consolati: allora si vuole crescere troppo in fretta senza avere cercato in profondità la forza di Dio. Il compromesso tra le esigenze della fede e della preghiera e le preoccupazioni del mondo: non ho tempo… per Dio. I momenti di buio in cui le “parabole” – cioè le Scritture, gli Insegnamenti della Chiesa, ciò in cui una volta credevamo – restano tali: storie senza senso, opache, senza bellezza, non perché il senso e la bellezza non ci siano, ma perché abbiamo perduto la pazienza di guardare e di aspettare e il nostro cuore si è fatto duro… Se crediamo, quando crediamo, qualcosa è incominciato in noi: «sostanza di cose sperate» (Eb 11,1). Nel nostro cuore, inabitato da Gesù, nella nostra storia, inabitata dalla Chiesa, che è « il regno di Cristo già presente in mistero » (Lumen gentium, 3). La Chiesa è la presenza di Cristo nella storia e nella società, una presenza che, se all’inizio è piccola come un granello di senapa, «diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami» (Mt 13,32). L’ombra che questo albero proietta sulla società e la storia degli uomini si chiama “civiltà cristiana”. Oggi, ed è il dramma del nostro tempo, la civiltà cristiana, almeno in Occidente, è finita. Ma, nel bel mezzo del dramma (che non è, di per sé, una “tragedia”), la prospettiva affascinante di una nuova evangelizzazione. Il seme ci raggiunge ovunque… È l’aspetto “strano” della parabola: è una stranezza che il seminatore butti letteralmente via la semente gettandola sulla strada, in mezzo ai sassi, tra i cespugli. Nonostante le puntuali osservazioni di Joachim Jeremias sulle abitudini palestinesi la stranezza rimane. Il seme ci raggiunge ovunque e noi dobbiamo spargerlo a 360 gradi… Perché ogni cosa è possibile alla Parola di Dio.

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