Di Michele Brambilla
Affacciandosi come di consueto dalla finestra del Palazzo apostolico a mezzogiorno del 1° dicembre per l’Angelus, Papa Francesco richiama l’attenzione dei fedeli sul fatto che «oggi, prima domenica del tempo di Avvento, inizia un nuovo Anno liturgico».
Il messaggio principale dell’Avvento è che Gesù è presente ieri, oggi e sempre: venne nell’umiltà della carne 2000 anni fa, viene spezzato ogni giorno come Pane eucaristico, tornerà ancora nella gloria per giudicare i vivi e i morti, come recita il Credo niceno-costantinopolitano. «Nella prima Lettura di oggi», dice il Pontefice, «Isaia profetizza che “alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli; ad esso affluiranno tutte le genti” (Is 2,2)». La profezia si è avverata certamente nella Chiesa, corpo mistico di Cristo in cui confluiscono tutti i popoli, ma Isaia aveva in mente anche lo spettacolo dei pellegrini che salivano al Tempio di Gerusalemme: «Il Tempio del Signore a Gerusalemme è presentato come il punto di convergenza e di incontro di tutti i popoli. Dopo l’Incarnazione del Figlio di Dio, Gesù stesso si è rivelato come il vero tempio», nel quale il Padre si compiace ed è perfettamente adorato.
Se Cristo è Dio che si rende visibile, neppure la Sua Chiesa può restare nascosta. Ecco allora la funzione delle campane, dello splendore della liturgia, delle processioni, della predicazione apertis verbis di fronte al mondo (neo)pagano. «Il sonno da cui dobbiamo svegliarci», ammonisce Francesco, «è costituito dall’indifferenza, dalla vanità, dall’incapacità di instaurare rapporti genuinamente umani, dell’incapacità di farsi carico del fratello solo, abbandonato o malato».
Un modo molto utile per ricordarci di Gesù è costruire il presepe. Pratica tutt’ora molto diffusa, è spesso osteggiata dalla cultura laicista postmoderna, che vorrebbe relegarla, al massimo, nelle case private affinché non susciti domande troppo profonde tra i passanti. La nascita di Gesù, invece, fu e rimane un evento pubblico perché è il Creatore che viene a visitare e redimere le Sue creature.
Ecco allora il Papa recarsi nel pomeriggio a Greccio, teatro il 24 dicembre 1223 del primo presepe vivente della storia ad opera di san Francesco d’Assisi (1182-1226). Proprio in quel luogo viene promulgata la lettera apostolica Admirabile signum, dedicata al valore missionario che il presepe riveste ancora oggi. Scrive, infatti, il Papa: «rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo», a cui non toglie nulla, ma si dona tutto. Il presepe non discrimina affatto i “non credenti”. «Dio», ribadisce il Santo Padre, «si presenta così, in un Bambino, per farsi accogliere tra le nostre braccia».
Lunedì, 2 dicembre 2019