Da “La bianca torre di Echtelion” del 9 luglio 2017. Foto da Conoscenze Al Confine
L’ufficio per i Diritti civili del ministero dell’Educazione degli Stati Uniti ha da poco emanato una direttiva in cui giudica colpevoli di molestie le scuole che non usano «[…] i nomi e i pronomi preferiti» dagli studenti transgender.
Secondo questa direttiva dell’Amministrazione Trump, le molestie includono «[…] atti di aggressione, intimidazione od ostilità verbale, non-verbale o fisica basati sul sesso o sugli stereotipi sessuali, come rifiutarsi di usare i nomi e i pronomi preferiti dagli studenti transgender, laddove per gli studenti gender-conformisti la scuola usa i nomi che essi preferiscono e tale rifiuto è motivato da animosità verso le persone non conformantisi a quegli stereotipi sessuali applicati agli studenti transgender che sono frutto di ambienti ostili».
Questa minaccia agl’insegnanti, al personale che li coadiuva e agli amministratori scolastici aumenta il rischio che i giovani subiscano danni psicologici e fisico/chirurgici. Essa infatti ignora completamente la letteratura medica e psicologica riguardante i fattori seri di rischio che sono associati all’idea di consentire ai giovani d’identificarsi con un sesso diverso da quello che hanno biologicamente, così come determinato dai geni di ogni cellula dei loro corpi.
L’Amministrazione Trump dovrebbe cioè tenersi lontana dal credo politicamente corretto dell’Amministrazione che l’ha preceduta ed esaminare con attenzione, se necessario mediante una nuova task force presidenziale, la scienza psicologica e medica che cerca di aiutare i giovani che mostrano attrazioni transessuali.
Tra i membri di questa task force dovrebbe figurare il dottor Lawrence Mayer, professore di Statistica e biostatistica dell’Arizona State University, che si definisce un liberal favorevole ai diritti LGBQT, e il dottor Paul McHugh, primaio di Psichiatria del John Hopkins Hospital dal 1975 al 2001. Una loro ricerca del 2006, Sexuality and Gender: Findings from the Biological, Psychological and Social Sciences, fornisce una ricognizione esaustiva della letteratura scientifica sul tema dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale. I due medici hanno esaminato più di 500 articoli scientifici. Entrambi concordano nel dire che né l’orientamento sessuale né l’identità di genere siano innati o immutabili (nessuno è nato gay o transgender, e tutte e due queste condizioni sono fluide). Ed entrambi non trovano prove per valutare positivamente l’idea d’incoraggiare i bambini a identificarsi come transgender.
Nel 2017, il dottor Paul Hruz, endocrinologo pediatrico nonché professore associato di Biologia e fisiologia cellulare della Washington University School of Medicine di St. Louis, ha guidato uno studio, Growing Pains: Problems With Puberty Suppression in Treating Gender Dysphoria, che solleva domande serie sul trattamento cui vengono attualmente sottoposti i bambini con disforia di genere. In essa si afferma: «Particolarmente preoccupante è il modo in cui vengono gestiti i giovani con disforia di genere. I giovani che ne sono affetti formano una categoria eccezionalmente vulnerabile che presenta tassi elevati di depressione, autolesionismo e persino suicidio. Inoltre, i giovani non sono del tutto capaci di comprendere cosa significhi essere uomo o essere donna. La maggior parte dei giovani con problemi d’identità di genere alla fine riescono ad accettare il genere associato con il proprio sesso e smettono d’identificarsi con l’altro». La relazione prosegue poi così: «Alla luce delle molte incertezze e delle molte incognite esistenti, sarebbe appropriato descrivere come sperimentale l’uso di quei trattamenti che bloccano lo sviluppo puberale nei bambini con disforia di genere». Eppure codesti trattamenti nuovi sono stati offerti ai giovani senza osservare le consuete cautele che regolano la pratica di terapie sperimentali, dalle scrupolose verifiche cliniche che vengono normalmente condotte allo studio delle conseguenze di lungo termine.
Il dott. Kenneth Zucker, psicologo clinico autore di diverse pubblicazioni, è un altro importante studioso della disforia di genere riconosciuto a livello internazionale che potrebbe preziosamente figurare in una commissione presidenziale che si occupasse del trattamento appropriato e sicuro con cui si debbono approcciare questi giovani. Ha lavorato in questo campo per trent’anni e su pubblicazioni peer-review ha firmato numerose ricerche sull’origine e sul trattamento dei molti conflitti psicologici genitoriali e giovanili da cui sorge l’attrazione transgender. Tra l’altro, è co-autore del libro Gender Identity Disorder in Children (The Guilford Press, New York 1995).
Nelle sue ricerche viene descritto il modo in cui il dott. Zucker ha aiutato parecchi giovani ad accettare la propria mascolinità o la propria femminilità biologiche. Il gruppo da lui diretto ha sempre raccomandato l’intervento medico solo davanti al fallimento della psicoterapia. Un recente documentario della BBC, Transgender Kids: Who Knows Best?, ne presenta il lavoro e le controversie sul modo in cui si approcciano oggi i giovani con attrazioni transessuali.
Ebbene, i giovani e i loro genitori hanno diritto al consenso informato riguardo alle attrazioni transessuali, incluse le opzioni di trattamento disponibili, il fatto che nella maggioranza dei casi quelle attrazioni siano soggette a remissione, nonché i seri rischi psicologici e medici legati all’uso di ormoni sperimentali e chirurgia transessuale.
Due degli studi più importanti che dovrebbero essere presi in considerazione trattano di chirurgia transessuale. Uno, del 2015, rileva che, rispetto a un gruppo di controllo, 180 adolescenti transessuali (106 femmine divenuti maschi e 74 maschi divenuti femmine) hanno presentato rischi doppi e tripli di disordini psichiatrici, tra cui depressione, ansia, ideazione di suicidio, tentativi di suicidio, autolesionismo senza intenti letali e necessità di cure d’igiene mentale sia ambulatoriali sia ospedaliere (Reisner, S.L., et al., 2015).
Il secondo è lo studio più ampio mai realizzato sulla transessualità post-chirurgica, un’analisi condotta in Svezia nel corso degli ultimi trent’anni su oltre 300 persone. Vi si dimostra che le persone a cui è stato modificato il sesso presentano rischi di mortalità, comportamenti suicidari e morbosità psichiatrica in misura considerevolmente più elevata che non la popolazione generale (Dhejne, C., et al. 2011).
Ora, se il figlio di Donald Trump dicesse al papà di pensare di essere una femmina intrappolata nel corpo di un maschio, il presidente vorrebbe certamente che il ragazzo fosse al corrente di tutta la scienza psicologica riguardante sia le attrazione emotive sia il pensiero confuso e delirante. E certamente non vorrebbe che gl’insegnanti e chi li coadiuva seguissero le linee guida del ministero dell’Educazione degli Stati Uniti che confermano quel pensiero delirante suggerendo di chiamare il ragazzo con un nome di donna.
C’è insomma bisogno urgente di una commissione presidenziale che protegga i giovani, le famiglie e la cultura, occupandosi delle forti pressioni che stanno cercando d’imporre un’agenda transgender altamente politicizzata. Nel frattempo, quelle linee guida draconiane che il ministero dell’Educazione ha emanato ignorando totalmente la scienza medica e psicologica, e mettendo così a rischio i giovani più vulnerabili, debbono essere ritirate immediatamente.
Di Rick Fitzgibbons
Traduzione di Marco Respinti
*Rick Fitzgibbons è uno psichiatra di Conshohocken, in Pennsylvania, che ha trattato giovani e adulti con disforia di genere e scritto sull’argomento. È co-autore di Forgiveness Therapy: An Empirical Guide for Resolving Anger and Restoring Hope (American Psychological Association, Washington 2014). L’articolo qui tradotto è stato pubblicato il 28 giugno 2017 sul quotidiano online The Catholic Thing, diretto a Washington da Robert Royal , con il titolo The Transgender Agenda vs. the Science.