Perché c’è la guerra in Ucraina? Perché quando ci si dimentica di Dio ci si scorda anche della dignità dell’uomo
di Michele Brambilla
Papa Francesco introduce l’Angelus del 13 marzo, nono anniversario della sua elezione al Soglio di Pietro, parlando del privilegio straordinario di cui godettero alcuni dei discepoli del Signore quando poterono assistere alla Trasfigurazione di Gesù. «Testimoni di questo straordinario avvenimento sono», infatti, «gli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo, saliti sul monte con Gesù. Noi li immaginiamo con gli occhi spalancati di fronte a quello spettacolo unico. E certamente sarà stato così. Ma l’evangelista Luca annota che “Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno”» e i loro occhi si spalancarono sul Mistero solamente dopo essersi svegliati.
Il sonno dei discepoli non rappresenta, ovviamente, solo l’espletamento della necessità fisiologica del riposo, ma nel Vangelo è anche metafora di un intorpidimento interiore, che impedisce di indirizzare lo sguardo verso il Signore. Osserva, infatti, il Pontefice: «fratelli, sorelle, questo sonno fuori luogo non somiglia forse a tanti nostri sonni che ci vengono durante momenti che sappiamo essere importanti? Magari alla sera, quando vorremmo pregare, stare un po’ con Gesù dopo una giornata trascorsa tra mille corse e impegni. Oppure quando è ora di scambiare qualche parola in famiglia e non si ha più la forza». Spesso la presunta stanchezza è solamente un atteggiamento che maschera la nostra indisponibilità all’ascolto. Allora la Quaresima «è un periodo in cui Dio vuole svegliarci dal letargo interiore, da questa sonnolenza che non lascia esprimere lo Spirito. Perché – ricordiamolo bene – tenere sveglio il cuore non dipende solo da noi: è una grazia, e va chiesta. Lo dimostrano i tre discepoli del Vangelo: erano bravi, avevano seguito Gesù sul monte, ma con le loro forze non riuscivano a stare svegli. Questo succede anche a noi».
Il pittore Francisco Goya (1746-1828) ha scritto su un suo disegno del 1797, abbozzato mentre l’Italia era già stata invasa dalla Francia rivoluzionaria, che si apprestava a devastare anche la Spagna, la celebre frase: «il sonno della ragione genera mostri». Il sonno della ragione e quello della Fede sono sempre andati di pari passo. Quando l’uomo smarrisce Dio, perde la chiave interpretativa dell’universo e dimentica anche la dignità dell’uomo. È quanto sta succedendo, dice il Pontefice, in Ucraina: «fratelli e sorelle, abbiamo appena pregato la Vergine Maria. Questa settimana la città che ne porta il nome, Mariupol, è diventata una città martire della guerra straziante che sta devastando l’Ucraina. Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri».
La pace è anche una questione di fede, pertanto ripete per ben due volte: «in nome di Dio, si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi! Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro». Francesco esorta ad accogliere senza paura i profughi ucraini e a proseguire, al contempo, senza mai fermarsi, l’impegno costante nella preghiera per la pace, perché «Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome».
Lunedì, 14 marzo 2022