Questa immagine della Sacra Famiglia è un’occasione di meditazione, in particolare nel periodo natalizio.
di Susanna Manzin
Il “Tondo Doni” di Michelangelo Buonarroti (realizzato nel 1506, attualmente conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze) era destinato ad arredare la casa degli sposi fiorentini Agnolo Doni e Maddalena Strozzi. La scena rappresentata è divisa in due spazi, ben separati da un muretto basso. Al di là del muro ci sono degli uomini nudi, ad uno di essi viene strappato il mantello con violenza. Nessuno di essi guarda la Sacra Famiglia, sembrano distratti, non hanno un obiettivo verso il quale camminare, un orientamento sicuro. Rappresentano l’umanità prima dell’Incarnazione, ma possono essere presi ad icona anche dell’uomo contemporaneo, relativista, materialista, che vive tutto preso da sé stesso, senza dignità, incapace di un corretto rapporto col suo prossimo, che non sa dove guardare, sicuramente non guarda a Cristo e alla Sua luce. Vengono in mente le parole di San Paolo: «Hanno scambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare tra di loro i propri corpi» (Rm, 1, 22-24).
Al di là del muretto, ma con ben altro atteggiamento, c’è anche il piccolo Giovanni Battista: egli al contrario degli altri uomini sa dove bisogna volgere lo sguardo, infatti contempla Gesù con sguardo estatico. Non è nudo, ha un vestitino che sembra presagire le vesti di penitenza che indosserà quando, adulto, predicherà l’avvento del Messia sulle rive del fiume Giordano. In primo piano, al di qua del muro, ecco la Sacra Famiglia: Giuseppe guarda il Bambino con premura e attenzione paterna, è canuto ma forte e deciso. Porge Gesù a Maria che con una torsione del corpo lo accoglie, coprendolo amorevolmente con il mantello dorato. Mentre i personaggi sullo sfondo sono collocati in un paesaggio grigio e arido, Maria e Giuseppe appoggiano i piedi nudi su un morbido prato verde. La Madonna ha in grembo un libro, che evidentemente stava leggendo, ma che ha lasciato per prendere il Bambino: quella Parola che ha ricevuto dall’Antico Testamento ora si è fatta carne. Le vesti dei tre personaggi sono eleganti, lucide, sembrano di seta, hanno colori vivaci e fortemente simbolici: il rosa e il blu della veste della Madonna, l’oro del mantello di Giuseppe con il quale Gesù viene coperto. Maria, che indossa anche una bella collana, personaggio centrale del dipinto, è rappresentata come una donna forte, le sue braccia sono muscolose. La Sacra Famiglia è quasi racchiusa in un cerchio, i tre sono stretti gli uni agli altri e i genitori guardano entrambi Gesù e lo abbracciano esprimendo tutta la loro attenzione e cura verso il prezioso dono che è stato loro affidato. Come scrive Suor Maria Gloria Riva: «Adamo ed Eva dopo il peccato furono colpiti nelle loro relazioni: con la sua Incarnazione Cristo, nuovo Adamo, inaugura relazioni totalmente rinnovate dall’Amore» (Maria Gloria Riva, Nell’arte lo stupore di una presenza, San Paolo 2004, pag. 36).
Quanti spunti di meditazione si possono trarre da questa immagine, capolavoro di arte ma anche di teologia. La nostra società è definita “società delle immagini”, ma anche nei secoli passati la comunicazione passava attraverso la vista e gli altri sensi. Ma quali immagini dominano oggi i media e i social network? Quali spunti cerca di trasmettere l’arte contemporanea, anche quella sacra? Utilizzare questi capolavori del passato, che racchiudono così tanti significati spirituali e dottrinali, è occasione di Nuova Evangelizzazione verso un’umanità che sempre più assomiglia ai personaggi al di là del muretto del “Tondo Doni”.
Sabato, 21 dicembre 2024