Da Tempi di giugno 2018. Foto da Corriere di Bergamo
La notizia è diffusa a fine maggio da larga parte dei media. L’Accademia Carrara di Bergamo, d’intesa col Metropolitan Museum di New York, comunica che due dipinti differenti, la Resurrezione di Cristo e la Discesa al Limbo, provenienti da luoghi fra loro lontani, costituiscono in realtà un’opera unica, divisa orizzontalmente in due parti, e proprio questa unicità permette di attribuire ambedue alla mano di Andrea Mantegna.
La Resurrezione si trovava nel deposito della Pinacoteca bergamasca, ed era lì perché di incerta attribuzione, tanto da essere assicurata per non più di 30.000 euro; per la Discesa al Limbo la riferibilità al pittore quattrocentesco era invece sicura, al punto che nel 2003 Sotheby’s a New York l’aveva venduta all’asta per 28 milioni di dollari. Quale elemento ha permesso di ricostruire l’unitarietà del dipinto? Nella Discesa al Limbo Cristo è raffigurato in primo pia no al centro, voltato di spalle e piegato verso i saggi che popolano quel luogo in attesa della Redenzione, prima di condurli con sé in Paradiso: si appoggia su un lungo bastone di cui non si vede l’estremità superiore, perché la tela pare
tagliarla. La sommità del bastone, che coincide con la Croce, si trova – poco visibile – al centro della parte inferiore della Resurrezione: è stato questo particolare a far avanzare nel Conservatore dell’Accademia Carrara l’ipotesi che quella piccola Croce rinviasse a qualcos’altro, non avendo senso da sola.
I media hanno sottolineato la competenza e la bravura di chi ha permesso di cogliere la continuità fra due opere in apparenza slegate. E con ragione: solo professionalità e passione permettono di raggiungere certi risultati, e sono doti che fra noi italiani sopravvivono all’abitudine a buttarci giù e a piangerci addosso. Ma non ci si può limitare a questo.
L’opera è stata realizzata 526 anni fa: sono stati necessari più di cinque secoli per scoprire che le sue parti non erano fra loro slegate. Lo fa emergere un segno oggi non particolarmente apprezzato: rimosso dagli uffici pubblici, considerato divisivo e da mettere da parte perfino da qualche cardinale, ritenuto di ostacolo al business da squadre di calcio blasonate che lo rimuovono dal loro stemma…
Poi però, nel modo più singolare, la Croce, pur se minuscola, prende la sua rivincita. È il simbolo che fa risolvere il mistero, che pone in continuità parti separate, altrimenti destinate a restare vicendevolmente prive di significato compiuto. È la realtà che, apparente mente marginale, in basso, si rivela invece centrale nell’insieme recuperato,
e per questo diventa fonte di speranza: quella speranza che permette di vedere la luce e di scoprire la vita.
Il destino dell’opera di Mantegna, mutatis mutandis, richiama quello della Sacra Sindone: non considerate per secoli, entrambe si mostrano a tutti grazie alla dedizione di qualche studioso di valore e agli strumenti delle più aggiornate tecnologie. Ci dicono che tutto si tiene: che cioè intelligenza, efficienza tecnologica e fede non sono prive di nesso, o addirittura in antitesi. Se ordinate e co-ordinate, regalano esiti straordinari.
Perdere il baricentro
Che tutto ciò avvenga attorno e a causa del segno della Croce non è una novità: è così da circa due millenni. È una novità che di questo ci si dimentichi nella terra che ha generato maestri come Mantegna e che custodisce reliquie come il Telo sindonico.
Rimuovere la Croce dalla quotidianità ha come prezzo perdere il baricentro, e quindi il senso di quel che accade.
Non pensiamo che quello spazio vuoto resti tale: se e quando la nostra viltà lascerà che la Croce oggi tolta di mezzo sia sostituita dalla Mezzaluna, non solo non ci sarà più chi ricomporrà parti diverse di capolavori; le terribili esperienze di sharia divenuta legge in giro per il mondo negli ultimi anni proiettano un futuro di cancellazione dell’arte, e con
essa della capacità di comprendere il reale. Contempliamo con gli occhi della meraviglia la Resurrezione di Cristo e la Discesa al Limbo, tornate insieme, per ritrovare il coraggio di allontanare ciò che non è più soltanto uno spettro.
Alfredo Mantovano