
Da Avvenire del 30/03/2021
Un’esplosione alle 10.30 del mattino, mente i fedeli cominciavano a defluire dopo la Messa ha scosso, nella Domenica del Palme, la cattedrale di Makassar, capoluogo della provincia del Sulawesi meridionale in Indonesia. Una ventina i feriti, di cui 15 ancora ricoverati. Tre i morti: gli attentatori suicidi arrivati in motocicletta che hanno fatto esplodere davanti a uno degli ingressi secondari una pentola a pressione imbottita di esplosivo, e un addetto alla sicurezza della chiesa che è riuscito a “dirottare” gli attentatori in un’area meno affollata prima dell’esplosione. Le prime indagini hanno condotto a identificare i due attentatori, una giovane coppia, probabilmente coniugi, secondo alcune fonti sposati da soli sei mesi, di cui l’uomo apparteneva, secondo il capo della polizia, generale Listyo Sigit Probowo, al Jamaah Ansharut Daulah ( Jad), gruppo vicino al Daesh e ben noto ai servizi di sicurezza indonesiani e internazionali. Responsabile di sanguinose azioni terroristiche in Indonesia e due anni fa anche a Jolo, nelle Filippine, Jad si è distinto per avere tra i suoi “martiri” e fiancheggiatori soprattutto giovani, anche coppie con figli pure sacrificati ai loro ideali jihadisti. Un segnale della crescente radicalizzazione non solo di individui facilmente manipolabili per età o condizioni sociali, ma anche di altri reclutati tra le classi di reddito e cultura elevate. Una situazione, questa, che preoccupa particolarmente il governo indonesiano che rischia di vedere annullato l’impegno a favore dello sviluppo che richiede non solo la fine delle tensioni interne, ma anche una fiducia internazionale che eventi terroristici possono rimettere in discussione.
Il presidente Joko Widodo ha ordinato la caccia all’uomo sottolineando la volontà di «sradicare» il terrorismo che, ha detto «non può avvalersi di alcuna copertura religiosa». Già domenica sono iniziati gli arresti di affiliati al Jad che, pur se messo alle corte dall’uccisione di diversi esponenti e da retate dell’antiterrorismo (ultima lo scorso gennaio con 20 arrestati) non era stato smantellato e che anzi era tra i gruppi più temuti dai servizi di sicurezza che temevano diventassero catalizzatori per i giovani militanti preparati nelle scuole coraniche di orientamento più radicale e per i veterani rientrati dopo la sconfitta dell’autoproclamato califfato in Siria e Iraq. E la cui “missione” è ora di estendere i confini del Daesh in Asia meridionale e nel Sud-Est asiatico.
Un evento sicuramente grave ma non imprevedibile, l’attentato di Makassar, perché se i servizi di sicurezza hanno inferto colpi pesanti alle sue manifestazioni interne e internazionali, l’estremismo islamista ha saputo fare delle minoranze religiose un obiettivo, trovando anche bersagli di alto livello. Esemplare il processo e la condanna per blasfemia che nel 2017 hanno messo fine all’ascesa politica di Basuki Tjahaja Purnama (Ahok), governatore della capitale Giacarta, già vice-presidente della repubblica e potenziale candidato alla carica di capo dello Stato.
Riguardo i due attentatori suicidi, sono emersi dati sconcertanti, tra cui un testamento ritrovato nella loro abitazione e l’addestramento online sotto la copertura di un gruppo religioso impegnato, in realtà, a diffondere l’ideale jihadista. «Ci sono informazioni che riguardano l’utilizzo dei social media: i due attentatori hanno sviluppato procedure per la preparazione di esplosivi con l’aiuto di elementi addestrati all’estero», ha comunicato il commissario capo dell’antiterrorismo indonesiano.
Foto da Avvenire