Comprendere la crisi di oggi e cercare una via d’uscita da essa: in questo possono esserci di aiuto tre scritti di Eric Voegelin, filosofo della politica scomparso nel 1985, da poco apparsi per la prima volta in italiano nel volume Politica, storia e filosofia, curato Oscar Sanguinetti per D’Ettoris Editori. Ne abbiamo parlato con Daniele Fazio, autore del saggio introduttivo alla raccolta.
Voegelin è spesso poco noto al grande pubblico. Come può essere presentato?
Voegelin si è dedicato in particolare alla comprensione dei fenomeni ideologici del nostro tempo. Come molti altri studiosi, nonostante una carriera universitaria avviata, dovette scappare dall’Austria dopo l’annessione alla Germania nazionalsocialista e rifugiarsi negli Stati Uniti, che divennero sua patria d’elezione. Ai suoi studi, dunque, è come sottesa una domanda: come mai l’Europa non era riuscita a evitare tanto male?
Allora leggere Voegelin ci aiuta a rispondere a questa domanda?
Ci fa capire che alla radice della crisi contemporanea c’è un processo di natura spirituale. Questo processo, rivoluzionario nel vero senso del termine, ha voluto affermare il desiderio dell’uomo di risolvere da sé tutti i problemi, rifiutando il riferimento a un ordine immutabile che dovrebbe guidarne l’azione. In altre parole, l’uomo moderno ha voluto negare la realtà e abbandonarsi alle utopie.
Perché, tra i molti scritti di Voegelin, sono stati scelti questi tre saggi?
Essi ci fanno assaporare punti essenziali del suo pensiero. Quello su Il liberalismo e la sua storia ci fa comprendere che la Rivoluzione non consiste tanto in eventi repentini e violenti; piuttosto essa punta, a volte anche grazie a questi, a scardinare il nucleo metafisico della realtà, ovvero l’ordine naturale di ciò che esiste. Il secondo saggio riguarda Machiavelli e l’ordine del potere: con questo pensatore il processo di secolarizzazione investe la politica, che si separa dalla morale e si incammina verso il totalitarismo del Novecento. Il terzo scritto, Note su tempo e memoria in sant’Agostino, offre una possibilità di superamento della crisi. Voegelin fa appello a un tesoro scoperto dalla civiltà occidentale: l’anima. Tutte le prassi politiche devono accettarla o negarla, e da ciò dipende una buona o una cattiva politica. L’anima è, per così dire, il luogo dove l’ordine può essere incontrato e da lì può essere costruito a livello comunitario.
Per descrivere le ideologie moderne l’autore parla di gnosticismo. Anche papa Francesco ha utilizzato più volte questa categoria. Cosa si può dire a questo proposito?
Lo gnosticismo è un’eresia dei primi secoli. Semplificando al massimo, possiamo dire che secondo gli gnostici l’uomo può salvarsi da solo senza la grazia di Cristo, attraverso un particolare percorso ascetico. Queste tendenze passano nella modernità, diventando sostanza dei movimenti rivoluzionari, che promettono all’uomo la salvezza nell’immanenza, cioè in questo mondo. Il Papa presenta lo gnosticismo come una fede che si chiude nell’immanenza. L’uomo e la società hanno bisogno della trascendenza: ciò per la persona significa aprirsi alla salvezza che solo Dio può dare; per la società, invece, vuol dire accettare la legge naturale che sola può garantire il rispetto della dignità di ogni uomo. Fermo restando che in questa terra non si potrà mai raggiungere l’assoluta perfezione (anche questa è una tentazione gnostica): il cristiano, piuttosto, deve aspirare alla santità e impegnarsi per costruire, secondo le parole di San Giovanni Paolo II, «una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio».
Salvatore Cammisuli
Da La Vita diocesana” del 02/12/2018. Foto da Faculty.isi.org