di Oscar Saguinetti
Il beato Papa Pio IX (1792-1878) aveva condannato il comunismo “primitivo”, non ancora cioè passato “dall’utopia alla scienza” e non privo di qualche tratto di religiosità. Papa Leone XIII (1810-1903) aveva affrontato il problema di un socialismo ormai dottrinalmente “maturo”, il materialismo per il quale l’abolizione della proprietà privata è il fatale prodotto dell’evoluzione dialettica delle forze materiali della società umana.
Papa Pio XI (1857-1939) si trova di fronte il fenomeno del marxismo-leninismo, ossia il comunismo divenuto “scientifico”: oltre che ateo e internazionalista, grazie al suo fondatore, il filosofo tedesco, Karl Marx (1818-1883), “scientifico” anche nella dottrina dell’azione, grazie all’apporto del rivoluzionario russo Vladimir Il’ič Ul’janov detto Lenin (1870-1924). Un comunismo cioè non più meccanico-fatalistico, bensì movimento volontaristico e “militare”, posto sotto la ferrea guida da una élite di rivoluzionari di professione, che nel 1917 è riuscito a conquistare il potere nell’immenso impero degli zar.
Pio XI condanna anch’egli, e lo fa con particolare solennità con la letetra enciclica Divini Redemptoris promissio del 19 marzo 1937, il «comunismo ateo» ‒ il bolscevismo ‒ del secolo XX, perché «per la prima volta nella storia», osserva, «stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta, e accuratamente preparata dell’uomo contro “tutto ciò che è divino”» (n. 22). È una lotta, quindi, non solo una idea; voluta, cioè rispondente a un disegno preordinato; accuratamente preparata, ossia coltivata con cura nel tempo, e radicalmente anti-religiosa.
Il giudizio del Pontefice si può sintetizzare nell’espressione secondo cui il comunismo è «intrinsecamente perverso», cioè vuole per natura ‒ “senza se e senza ma” ‒ il rovesciamento di ogni ordine logico e naturale.
L’enciclica si compone di tre articoli introduttivi, ventuno articoli espositivi della dottrina comunista (4-24), quattordici articoli che richiamano la dottrina sociale della Chiesa (25-38), ben trentuno articoli sulle contro-misure, pratiche e spirituali, da prendere per combattere il comunismo (29-69); infine, tredici articoli esortativi (70-82). Come per la lettera enciclica Pascendi dominici gregis promulgata da Papa san Pio X (1835-1914) nel 1907, la forza dell’enciclica è nella ferrea logica del suo schema, che così si può sintetizzare.
Alla esposizione della dottrina del comunismo e delle conseguenze pratiche di essa ‒ con la sottolineatura che il comunismo non è una dottrina, ma una prassi che si dota di una dottrina coerente ‒, segue la denuncia del comunismo quale falso ideale di giustizia sociale: il comunismo non è altro che l’applicazione alla lotta politica del materialismo evoluzionistico di Marx e i mali delle classi “proletarie” sotto i regimi liberali sono il suo strumento. In una società comunista attuata, l’uomo diventa “a una dimensione”, e la famiglia e la società si dissolvono nello Stato. Il comunismo si è diffuso grazie alle sue abbaglianti promesse di giustizia per i ceti operai e contadini e grazie alla sua propaganda menzognera e potente. Il liberalismo gli ha preparato la strada: ora lo combatte, ma anche lo appoggia. I dolorosi effetti rilevabili dove il comunismo si è insediato, come in Russia, e dove ha l’appoggio del governo laicista, come in Messico, sono una serie di orrori inenarrabili. Anche nella Spagna della Terza Repubblica, nata nel 1931, il comunismo ha provocato quasi 10mila martiri nel clero e la distruzione d’innumerevoli chiese e conventi. Infatti, il comunismo ateo conduce una lotta sistematica contro «tutto ciò che è divino». Il suo metodo è il terrorismo contro i popoli per piegarli all’ideologia atea e contro-natura.
La luminosa dottrina sociale della Chiesa si oppone frontalmente al comunismo. La suprema realtà è Dio. L’uomo e la famiglia secondo la ragione e la fede sono agli antipodi della sua visione materialistica e ateistica. La società per il cattolicesimo è un organismo gerarchizzato, in cui l’uomo e la società hanno mutui diritti e doveri. L’ordine economico-sociale cristiano è stato descritto nella lettera enciclica Rerum novarum promulgata da Papa Leone XIII nel 1891 e nella lettera enciclica Quadragesimo anno promulgata dallo stesso Pio XI nel 1931. La dottrina sociale della Chiesa è buona e benefica, e i pontefici e i governanti cristiani hanno sempre ‒ con i limiti umani ‒ cercato d’instaurarla. Lo Stato cristiano ha dei doveri verso la Chiesa e verso il popolo cristiano: deve aiutare la Chiesa a evangelizzare; deve mirare al bene comune; dev’essere amministrato con prudenza e sobrietà. La Chiesa va dunque lasciata libera.
Anche oggi, a ottant’anni esatti dall’appello della Divini Redemptoris, solo tornando ad applicare il modello di società dipinto dall’insegnamento sociale della Chiesa Cattolica e incarnato nelle mille opere sociali da essa avviate secondo il solenne manifesto pubblicato da Papa Pio XI, sotto il patrocinio spirituale di san Giuseppe, si potrà neutralizzare l’insidia del comunismo.