Le previsioni Istat per i prossimi anni, il senso di una ricorrenza, l’essere e l’apparire dei giudici, una guerra mondiale a pezzi.
di Luca Bucca
– Tra 8 anni gli italiani saranno un milione in meno. Nel 2042 quasi 10 milioni di persone vivranno da sole, solo una coppia su 4 avrà figli e il numero medio di componenti per famiglia sarà di 2,13. Nel 2050 oltre un terzo della popolazione avrà più di 64 anni e nel 2080 al sud ci saranno 8 milioni di persone in meno. Questi sono alcuni dei numeri contenuti nelle Previsioni della popolazione residente e delle famiglie pubblicati il 28 settembre scorso dall’Istat e che rappresentano il futuro dell’Italia se dall’attuale inverno demografico non si passerà ad una primavera della natalità. Ultimamente sembra sorgere una maggiore consapevolezza sul tema, in alcuni casi per motivazioni prevalentemente socio-economiche – tenuta del sistema pensionistico, calo della domanda di determinati beni e servizi, crollo del mercato immobiliare, carenza di forza lavoro – ma non sempre riuscendo a cogliere la profondità del problema, oggettivamente tanto complesso, quanto letteralmente di vitale importanza. Con interventi settoriali o estemporanei, per quanto buoni, non si va lontano. Serve un’azione organica, con un orizzonte temporale lungo, che generi una nuova cultura della vita e un rinnovamento spirituale. La politica in questo può aiutare, le realtà economiche e imprenditoriali anche, ma il compito più arduo spetta a chi si trova e agisce nei vari ambiti della vita sociale e può veicolare capillarmente questo cambiamento culturale e spirituale.
– È da poco trascorso l’ottantesimo anniversario della morte di Norma Cossetto, orrendamente seviziata, violentata e uccisa nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 1943 dai partigiani comunisti del maresciallo Tito e divenuta, suo malgrado e più di altri, simbolo di tutti gli italiani di Istria, Fiume, Venezia Giulia e Dalmazia perseguitati, uccisi e infoibati dai titini. Gli anniversari sono utili per fare memoria e dal 2005, con l’istituzione del Giorno del Ricordo, ogni 10 febbraio in Italia queste vittime sono ricordate. Si tratta di un ricordo particolarmente significativo perché rivolto a persone come Norma, giovane studentessa universitaria, la cui memoria per decenni è stata negata e sacrificata sull’altare di un’ideologia assassina.
– Sul caso del giudice Iolanda Apostolico – assurta ultimamente agli onori della cronaca per una sua sentenza disapplicativa del cosiddetto decreto Cutro sull’immigrazione e per la successiva diffusione di alcuni video di qualche anno fa, che la immortalano mentre partecipa ad una manifestazione di protesta, anche con militanti di estrema sinistra – il rischio è, come spesso accade, di “buttarla in caciara”. È invece opportuno mantenere il giusto equilibrio. Le sentenze si possono impugnare. Per altri aspetti della questione, al di là del caso specifico, ma volendo riflettere sulla magistratura in generale, tornano utili le parole del giudice beato Rosario Livatino in uno dei suoi rari interventi pubblici, quello del 7 aprile 1984, su Il ruolo del Giudice nella società che cambia. Ecco cosa diceva circa l’immagine esterna del Magistrato: «il giudice, oltre che “essere” deve “apparire” indipendente, per significare che accanto ad un problema di sostanza, certo preminente, ve n’è un altro, ineliminabile, di forma. […] è da rigettare l’affermazione secondo la quale […] il Giudice della propria vita privata possa fare, al pari di ogni altro cittadino, quello che vuole. […] il giudice di ogni tempo deve essere ed apparire libero ed indipendente, e tanto può essere ed apparire ove egli stesso lo voglia e deve volerlo per essere degno della sua funzione e non tradire il suo mandato».
– Non solo Ucraina, i venti di guerra soffiano un po’ ovunque nel mondo. Nelle ultime settimane abbiamo assistito, ad esempio, all’aggressione azera contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh, a nuove tensioni tra Serbia e Kosovo e da ultimo all’attacco da parte di milizie islamiche contro Israele. Vari scenari tra i troppi di una «terza guerra mondiale combattuta poco alla volta», come l’ha definita Papa Francesco nel messaggio del 12 settembre scorso in occasione del convegno sulla Pacem in terris, organizzato dall’Accademia delle Scienze Sociali. Una guerra combattuta ininterrottamente e che sempre rischia di degenerare ulteriormente. La maggior parte di noi su questo tema può fare poco dal punto di vista terreno, ma tutti possiamo fare tanto ricordandoci sempre di pregare perché il Signore conceda la pace.
Mercoledì, 11 ottobre 2023