Da La bianca Torre di Ecthelion del 11/07/2018. Foto da articolo
«Ha mantenuto la promessa. Ancora». Il soggetto è il presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump, l’argomento è la nomina del giudice Brett M. Kavanaugh per la Corte Suprema federale in sostituzione del dimissionario Anthony M. Kennedy e chi esulta, in una email agli iscritti, è Brian Burch, presidente di CatholicVote, una lobby nata per ricordare ai cattolici di votare sempre senza mai scordarsi di esserlo. È un’esultanza giustificatissima. I conservatori, i cattolici stentano infatti a credere alle proprie orecchie. Trump, il Trump che tutti conosciamo, bighellone, gozzovigliatore, sciupafemmine, fantastiliardario ignorante come una capra, drogato di tivù e Twitter, collezionista di fallimenti economici, intrallazzone e già inciucista, non sta sbagliando un colpo sui princìpi non negoziabili. Non lo avrebbe immaginato nessuno. Ci fu un punto di svolta, nella campagna elettorale del 2016, coincidente con la nomination presidenziale, in cui Trump cambiò rotta siglando patti espliciti con quei conservatori che aveva giurato di rottamare. I conservatori plaudirono, ma è ovvio che temessero di venire gabbati. È invece successo il contrario, e gli effetti sono incalcolabili. Trump si affida costantemente ai conservatori, e fra i conservatori sceglie, in numeri sensibili, degli ottimi cattolici. Sì, perché anche Kavanaugh è cattolico, e non di quelli “adulti”.
Lunedì sera, dopo avere annunciato l’annuncio nei giorni precedenti, Trump lo ha scelto per il massimo tribunale del Paese. Nato nel 1965 a Bethesda, in Maryland, Kavanaugh si è laureato allo Yale College nel 1987, si è addottorato alla Yale Law School nel 1990, ed è stato assistente proprio del dimissionario Kennedy. I suoi nemici, e ne ha già tantissimi, non potranno mai accusarlo di essere un ideologo incompetente. Poi ha lavorato con Kenneth Star, sia quando questi era procuratore generale degli Stati Uniti sia quando ha indagato Bill Clinton per lo “scandalo Lewinsky” da special counsel, il procuratore indipendente che non risponde al ministro della Giustizia ma al Congresso federale, e questo gli protegge il fianco destro. Dopo di che ha lavorato nel settore privato da avvocato fino a che, nel 2001, il presidente George W. Bush jr. non lo ha prima voluto tra i propri consigli giuridici, poi lo ha nominato segretario dello staff della Casa Bianca nel 2003 (responsabile, cioè, del coordinamento di tutti i documenti che partono dal presidente e che a lui arrivano), quindi nello stesso anno lo ha scelto come giudice della Corte d’appello del Distretto di Columbia (la capitale Washington). A quel punto è scesa in campo l’armata Democratica, che ha messo tutto in stallo per quasi tre anni, accusando Kavanaugh di essere troppo schierato. Finalmente, nel maggio 2016, il giudice l’ha spuntata.
I galloni da generale dei conservatori, però, Kavanaugh se li è guadagnati sul campo, combattendo con coraggio e strategia la buona battaglia per la libertà religiosa. Su National Review, Justin Walker lo definisce senza mezzi termini «un guerriero per la libertà religiosa» rimandando documentatamente al mittente certe accuse del tutto speciose con cui alcuni malpancisti di destra in disaccordo con certi suoi tatticismi (ma quando si è in minoranza si hanno forse chance?) stanno finendo per boicottarlo, di fatto unendosi (assurdamente) ai suoi nemici liberal (ma questi sì che hanno di che lamentarsi). Su questo suo pedigree insiste anche Edward Wheelan, presidente dell’Ethics and Public Policy Center di Washington (quello cui fa tra l’altro capo George Weigel, biografo di due Papi), e questo porta diritti a una considerazione fondamentale.
Oggi la cartina tornasole per un giudice federale statunitense è la libertà religiosa. I conservatori la difendono, gli altri la combattono. C’è un valore intrinseco antichissimo, addirittura atavico nella libertà religiosa, a far data dall’Editto costantiniano di Milano del 313. Ma la questione si è imposta all’attenzione anche del grande pubblico negli ultimi decenni. Tutte le battaglie fondamentali, infatti, dall’aborto all’eutanasia, dalla contraccezione alla sperimentazione sugli embrioni, dall’omosessualismo alla famiglia, dalla libertà di educazione al fisco giusto, possono essere tranquillamente riassunte, e di fatto lo sono, nella libertà religiosa. Infatti, o è lo Stato ad avere l’ultima (e anche la prima) parola sui diritti fondamentali della persona oppure no. Le regole per una convivenza autenticamente civile dipendono cioè ultimamente dal fatto che una persona sia libera di regolare il proprio rapporto con Dio. Né questo fa della libertà religiosa una questione confessionale: essa vale infatti anche per gli atei e per i miscredenti. Per di più, in società secolarizzate dove i credenti tendono a essere minoranza, la libertà religiosa diventa sul serio l’ultimo baluardo. Curioso che a imporsi all’attenzione anche dei non cattolici siano, in questa sfida all’ultimo sangue, i cattolici.
Negli anni 1990 Kavanaugh lavorava nel settore privato. Entrò nella Federalist Society e ne guidò lo “special interest group” proprio sulla libertà religiosa. La Federalist Society è la fucina dei giudici conservatori americani, ovvero dei buoni giudici, ovvero di quelli che tali sono perché difendono appunto la libertà religiosa, ovvero quelli che difendono la legge fondamentale del Paese, ovvero spesso e volentieri dei cattolici. È alla Federalist Society che si deve la “famosa” lista di giudici che Trump tiene “nel taschino”, pronto a sfoderarla ogni volta se ne presenti l’occasione. Ognuno abbia lecitamente le proprie preferenze, ma si può stare certi che fino a quando il presidente pescherà da quell’elenco il mondo sarà un tantino più bello. Lo si capisce dai liberal.
In un articolo denso di notizie importanti, ma letteralmente vergognoso, The Daily Beast descrive la Society come una specie di massoneria cattolica manovrata dal suo vicepresidente Leonard Leo, classe 1965, avvocato, cavaliere di Malta, già stratega e consigliere di Bush Jr. Condizionando le nomine alla Corte Suprema appunto sin dai tempi di Bush Jr., la sua “camarilla” starebbe cercando di sabotare gli Stati Uniti per farne una “teocrazia papista”: però nemmeno il nativismo dell’Ottocento americano più anticattolico è arrivato a tanto. In acque simili naviga The Huffington Post. Perché tanto livore? Semplice: Kavanaugh alla Corte Suprema, scrive sempre The Daily Beast, significa «[…] probabilmente la fine del diritto all’aborto e del diritto al matrimonio omosessuale».
Adesso Kavanaugh dovrà passare il vaglio del Senato federale. Alla “Camera alta” oggi i Repubblicani sono 51, i Democratici 47 e gl’indipendenti (che votano sempre con i Democratici) due. Il Repubblicano John McCain è però sempre assente, a causa del tumore al cervello che lo tiene lontano dall’aula. In più le Repubblicane Susan Collins e Lisa Murkowski, pecore nere, si schierano sempre con la Sinistra. Fortunatamente tre Democratici, Joe Manchin, Joe Donnelly e Heidi Heitkamp, sono pro-life. Dopo di che, vale doppio, dovesse servire, il voto del presidente del Senato, che è il vicepresidente federale Mike Pence. Lo scontro per la ratifica è previsto in autunno. Se il Senato votasse prima delle elezioni “di medio termine” del 6 novembre sarebbe l’ideale. Potrebbe sul serio cambiare la storia.
Che ne è di Amy Comey Barrett? Probabilmente non avrebbe resistito al fuoco di fila liberal che avrebbe puntato sulla sua poca esperienza. Resta nella lista di Trump appunto a fare esperienza, pronta magari per la prossima occasione. Del resto nella Corte Suprema i giudici (liberal) Ruth Bader Ginsburg e Stephen Breyer hanno rispettivamente 85 e 79 anni.
Marco Respinti