La contemplazione del creato è per noi fonte di elevazione a Dio e può essere un efficace e fruttuoso argomento di dialogo con il mondo contemporaneo.
di Susanna Manzin
Plinio Corrêa de Oliveira riusciva a immergersi nella contemplazione dell’assoluto anche davanti ad un gatto: «Nel suo sguardo, che ha qualche cosa di magnetico e d’insondabile, di riservato e di enigmatico, il gatto conserva la terribile e attraente superiorità del mistero»[1]e ammirando uno smeraldo notava che, mentre il suo professore di chimica, ateo e razionalista, lo definiva semplicemente come un silicato di alluminio e berillio, in realtà si tratti di una pietra preziosa simbolo di bellezza nella quale i credenti colgono l’immagine della perfezione del Creatore. Il grande pensatore brasiliano era un vero contemplativo in azione e dai suoi scritti, in particolare dal volume “Innocenza primordiale e contemplazione sacrale dell’universo” (ed. Cantagalli, 2013), si coglie la sua abitudine di considerare tutto come occasione di elevazione verso il Cielo: l’armonia dell’universo può, anzi deve essere oggetto di meditazione da parte dell’uomo.
Possiamo trovare le medesime considerazioni nel documento La Via Pulchritudinis del Pontificio Consiglio della Cultura, nel quale la meraviglia di fronte al creato è indicata come uno dei tre sentieri della bellezza (gli altri due sono la bellezza dell’arte e quella della santità). Nel Credo recitiamo: «Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra»: la contemplazione della natura rende quindi possibile vedere i segni dell’amore di Dio. «Occorre, perciò, superare le forme visibili delle cose della natura, per risalire fino al loro Autore invisibile, il Tutt’Altro, che noi professiamo. […] Dalla contemplazione di un paesaggio al tramonto, delle cime dei monti innevate sotto il cielo stellato, dei campi coperti di fiori inondati di luce, del rigoglio delle piante e delle specie animali nasce una varietà di sentimenti che ci invitano a leggere dall’interno – intus-legere, per raggiungere dal visibile l’invisibile e dare risposta alle domande: chi è questo artefice dall’immaginazione così potente all’origine di tanta bellezza e grandezza, di una simile profusione di esseri nel cielo e sulla terra?»[2].
Sulla medesima lunghezza d’onda anche il filosofo inglese Roger Scruton quando afferma: «L’esperienza della bellezza naturale non si racchiude nelle esclamazioni “Che bello!” o “Com’è piacevole!”. Essa contiene una rassicurazione circa il fatto che il mondo è un luogo giusto e adatto in cui vivere, una casa in cui le nostre forze e le nostre prospettive umane trovano conferma»[3].
Chi ha il dono delle fede prova stupore e riconoscenza verso l’Autore di tali magnificenze. E chi non è credente? Il forte interesse mediatico nei confronti dell’ambiente può essere occasione per dialogare su questo tema con il mondo contemporaneo: la Via della Bellezza è proprio quel percorso che può essere di aiuto nel confronto con un mondo che a causa del relativismo è restio ad ascoltare discorsi incentrati sulla esposizione della verità e della legge morale. Molti uomini di buona volontà desiderano tutelare la natura e proteggerla, mentre altri vedono in essa solo l’aspetto materiale, scientifico e fisico, e la concepiscono come elemento da manipolare a piacimento, «un immenso serbatoio al quale l’uomo attinge fino ad esaurirlo, in funzione dei suoi bisogni crescenti, smisurati»[4]. Il desiderio di tutela deve evitare di trasformarsi nell’errore opposto, che considera l’ambiente «un idolo, come avviene in alcuni gruppi neopagani: il suo valore non può oltrepassare la dignità dell’uomo chiamato ad esserne il custode»[5]. Bisogna percorrere la Via della Bellezza del creato, ma senza uscire fuori strada, avendo ben presente la meta, cioè la riscoperta della fede e della verità, del bene e della giustizia.
E’ più che mai urgente pertanto impegnarsi in proposte pastorali che aiutino a vedere nel creato lo specchio della bellezza di Dio, senza cedimenti all’ideologia ecologista o ad una visione panteista, suscitando al contrario sentimenti di meraviglia, adorazione, scoperta dell’equilibrio delle leggi di natura, rendendo grazie per i doni ricevuti. Dio ha affidato il creato all’uomo con il compito di tutelarne l’armonia e lo sviluppo: si percorre la Via della Bellezza anche riflettendo sulle capacità umane di coltivare la terra, di trarre da essa il necessario al proprio sostentamento, senza intaccare quello splendore ma anzi valorizzandolo. Natura e cultura sono strettamente connesse.
Nella buona battaglia in difesa del creato, Papa Francesco insiste molto sull’importanza di un’educazione alla bellezza: «Non va trascurata la relazione che c’è tra un’adeguata educazione estetica e il mantenimento di un ambiente sano. Prestare attenzione alla bellezza e amarlaci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico. Quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli».[6]
La contemplazione delle bellezze naturali è per noi fonte di elevazione a Dio e può essere un efficace e fruttuoso argomento di dialogo con il mondo contemporaneo.
Sabato, 16 dicembre 2023
[1] Plinio Corrêa de Oliveira, Innocenza primordiale e contemplazione sacrale dell’universo, ed. Cantagalli, 2013, pag. 280
[2] Documento finale dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, La Via Pulchritudinis Cammino privilegiato di evangelizzazione e di dialogo”, 2006, cap. III-A
[3] Roger Scruton, La bellezza. Ragione ed esperienza estetica, Vita e Pensiero, 2011, pag. 62.
[4] Documento finale dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, La Via Pulchritudinis Cammino privilegiato di evangelizzazione e di dialogo”, 2006, cap. III-C
[5] Idem.
[6] Francesco, Lettera enciclica Laudato si’, n. 215.