La cura della bellezza in cucina e in sala da pranzo è da tenere in grande considerazione, perché la convivialità è condivisione di amicizia e affetti, occasione di ascolto e relazione vera.
di Susanna Manzin
La cucina è un po’ il cuore della casa. Non è semplicemente il luogo dedicato alla preparazione dei pasti: la sacralità della tavola e la ricchezza di significati antropologici dell’alimentazione ne ha fatto un luogo di intensa vita sociale e comunitaria. Il camino nelle case di campagna era sempre il centro della vita familiare: ci si scaldava, si cucinava, si recitava il rosario, si parlava, si ascoltavano le storie dei nonni. Oggi le cucine si sono evolute, ci sono fornelli e forni ad alta tecnologia, elettrodomestici che permettono la conservazione degli alimenti, piccoli attrezzi che facilitano la preparazione delle vivande, ma una famiglia che tiene alla propria identità mette sempre molta attenzione, anche estetica, a questo ambiente. Sempre più spesso si mangia in cucina per motivi di praticità e questo incentiva ancora di più a prendersi cura della sua bellezza e capacità di accoglienza. Come dice Papa Francesco nella Lettera enciclica Laudato si’: «Gli ambienti in cui viviamo influiscono sul nostro modo di vedere la vita, di sentire o di agire. Al tempo stesso, nella nostra stanza, nella nostra casa, nel nostro luogo di lavoro e nel nostro quartiere facciamo uso dell’ambiente per esprimere la nostra identità».1 L’arredamento e i suoi accessori parlano di noi, parlano a noi, esprimono quello che siamo. La bellezza e la funzionalità di pentole, piatti, tovaglie, bicchieri esprimono la voglia di cucinare e mangiare insieme ai nostri familiari e agli amici celebrando un rito con la dovuta attenzione estetica, rispettando quella che si può considerare una liturgia. Se vi capita di entrare in una vecchia cucina di campagna, con le pentole di rame appese alle pareti e le piattiere con allineati i servizi buoni di porcellana, state contemplando un’opera d’arte, un’espressione della capacità umana di fare bellezza nella vita di tutti i giorni, con un importante effetto sulle persone che possono godere di quella bellezza, che non è fine a sé stessa ma è capace di trasformare intimamente la comunità coinvolta nella preparazione di quei pasti e che godrà della convivialità.
Non è un caso se, nella attuale società coriandolare, individualista e malinconica, la cucina è spesso il locale più sacrificato della casa. Non poche famiglie consumano i pasti in modo sciatto e trascurato, sempre più spesso ognuno lo fa in solitudine, davanti alla TV o al computer. Cucinare e apparecchiare con gusto e attenzione è considerata un’operazione inutile, una perdita di tempo senza profitto apparente. Cresce il numero dei single, parallelamente si assiste al boom del delivery, dei piatti pronti scaldati nel microonde, degli snack, del brunch, dell’happy hour, dell’apericena: una vera e propria rivoluzione nell’approccio al cibo. E la cucina? Negli appartamenti di città tende a diventare un locale trascurato, fino a sparire quasi del tutto, in fondo basta avere un frigorifero e un microonde per scaldare il cibo. I metri quadri dell’appartamento subiscono una radicale trasformazione. Le case offerte oggi dal mercato immobiliare hanno la cosiddetta “zona living”, che vuol dire tutto e niente, una sorta di indistinto spazio da adattare alle proprie esigenze. Cresce la richiesta di spazi domestici da dedicare allo smart working, agli attrezzi da palestra, alle tecnologie per i videogiochi e il metaverso, l’angolo confortevole per gli animali da compagnia e il bagno attrezzato come una Spa. La dilatazione di queste aree determina, fatalmente, la necessità di ridurne altre: la cucina è la vittima da sacrificare, nella logica dell’ottimizzazione dei metri quadri. Arriveremo alle case senza cucina, come già avviene a Hong Kong? Leggo su un quotidiano: «Gli esperti di mercato immobiliare stimano che sarà il 2030 l’anno a ridosso del quale la cucina inizierà a sparire dalle nostre case. Praticamente domani. Ordineremo cibo da fuori, come stiamo già facendo, mangeremo cibo che non ha bisogno di essere cucinato»2.
Se vogliamo percorrere la Via della Bellezza, ricostruire ambienti più umani nei quali la comunità, la carità e la relazione interpersonale siano al centro della nostra vita, non possiamo trascurare l’aspetto estetico delle nostre case e dei loro ambienti. La cura della bellezza in cucina e in sala da pranzo è da tenere in grande considerazione, perché la convivialità è condivisione di amicizia e affetti, occasione di ascolto e relazione vera. Non mangiamo solo per la sopravvivenza, come fanno gli animali, ma a tavola ci nutriamo anche di rapporti umani, rapporti reali e densi di senso, non virtuali. È in gioco il benessere fisico, psicologico e relazionale nostro e della intera comunità sociale.
Sabato, 23 settembre 2023
1 Papa Francesco, Laudato si’, n° 147
2 “Amore, svago e affari nel metaverso. Così per il 75 % la vita sarà digitale”, di Tommaso Labate, Corriere della Sera 2-12-2022.