di Leonardo Gallotta
Esiste la Bellezza ideale, una bellezza che non sfiorisce? E dove si trova? Per il filosofo greco Platone (428/27-348/47 a.C.) esiste un luogo, l’Iperuranio, situato oltre la volta celeste, in cui dimorano le Idee immutabili, eterne e raggiungibili solo dall’intelletto. Le Idee dell’Iperuranio sono tuttavia il presupposto per l’esistenza stessa delle cose, e tra Idee e cose può esservi un rapporto di mimési, cioè le forme sensibili sono riflesso e copia delle Idee, oppure di metéssi, ovvero le cose prendono parte all’esistenza delle Idee.
La struttura dell’Iperuranio è piramidale e l’Idea di Bene è al vertice. Subito sotto vi sono le Idee di Bellezza e di Giustizia. Nella terna più elevata si hanno insomma i princìpi etici, estetici e politici. A seguire si trovano le Idee matematiche, quindi le Idee delle cose naturali e di quelle artificiali, vale a dire prodotte dall’uomo.
Secondo Platone, la Bellezza è l’Idea che più di tutte si rende manifesta nel mondo sensibile. Nel Simposio, il tema della bellezza non può perciò essere slegato da quello dell’amore, visto che in entrambi è in gioco la capacità attrattiva. In tale dialogo è la sacerdotessa Diòtima, figura magistrale e sapienziale di donna, vissuta a Mantinea nel secolo V a.C., a tracciare un percorso che parte dall’attrazione per un corpo bello e che prosegue poi con la considerazione secondo cui la bellezza rinvenibile in un corpo singolo è “sorella” della bellezza risplendente in tutti gli altri corpi. Vi è dunque qualcosa che accomuna tutti i corpi belli pur nella loro diversità e questo qualcosa di analogo trascende i corpi singoli. Successivamente Diòtima invita a considerare che negli uomini esiste anche la bellezza delle anime, pure essa molto attrattiva, la quale può essere addirittura superiore alla bellezza dei corpi.
Chi ha intrapreso la via della bellezza dovrà poi spingersi a considerare il bello che si trova nelle attività umane, nelle istituzioni civili e nelle leggi, ma anche quello delle conoscenze, ampliando così lo sguardo a un bello vasto come il mare. Chi dunque avrà visto l’uno dopo l’altro i diversi gradi del bello scorgerà una bellezza stupenda per qualità «[…] che sempre esiste, che non nasce e non muore, che non cresce e non declina, che non è bella in parte e in parte brutta, né ora sì e ora no, né bella qua e brutta là […]. E non si potrà rappresentarla come un volto o come qualche altro membro del corpo […] né come un qualcosa che sia, in un altro, differente da lei […], ma come essa è in sé e per sé […]» (Simposio, 211 a-211 b). Ed è ancora Diòtima che, rivolta al filosofo greco Socrate (470/469-399 a.C.), protagonista letterario e filosofico di molti dialoghi platonici, dice: «Se c’è un momento, o Socrate, che merita di essere vissuto dall’uomo, è proprio quando egli contempla la bellezza in sé» (ibid., 211 d).
Non a tutti, è ovvio, è dato di raggiungere questo vertice e tuttavia questa Idea di Bellezza ha il privilegio di apparire più di tutte, come già ricordato, nel mondo sensibile. Ora, il riflesso della perfetta Bellezza presente nell’uomo fa sì che dal bello materiale (contingente) sorga il presentimento di un “per sempre” (eterno) che orienti l’uomo ad andare oltre un’istintività che si appaghi di una bellezza precaria ed effimera. È questa una delle suggestioni platoniche che tanto affascinavano sant’Agostino (354-430), il quale però, trovata in Cristo ogni risposta, poteva esclamare (Confessioni, 10, 27): «Tardi ti ho amato, Bellezza / tanto antica e tanto nuova; / tardi ti ho amato! / Tu eri dentro di me, io stavo fuori, /e lì ti cercavo / gettandomi, deforme, / sulle belle forme delle tue creature […]. Tu mi hai chiamato / e il tuo grido ha vinto la mia sordità; / tu hai brillato / e la tua luce ha vinto la mia cecità; / hai diffuso il tuo profumo: / io l’ho respirato, e ora anelo a te; / ti ho gustato e ora ho fame e sete di te; / mi hai toccato e ora ardo / dal desiderio della tua pace».
Sabato, 15 settembre 2018