Di Michele Brambilla
L’emergenza coronavirus tocca anche il Vaticano: un sacerdote della Curia romana risulta positivo al test del tampone. Viene pertanto modificata la prassi dell’Angelus e dell’udienza generale del mercoledì. Il Santo Padre dovrà fare come molti confratelli vescovi: parlare in diretta streaming davanti a una telecamera per evitare il contatto diretto con i fedeli potenzialmente contagiosi.
Papa Francesco prega allora l’Angelus dell’8 marzo nella Biblioteca privata, dove di solito si svolge lo scambio dei doni nel corso delle udienze concesse ai capi di Stato. In piazza San Pietro si crea però spontaneamente l’abituale capannello di ascoltatori, tanto che al termine dell’Angelus il Pontefice decide di affacciarsi comunque dalla finestra dello studio per salutare.
Nel discorso non mancano riferimenti ai due grandi drammi che stanno tenendo banco in questi giorni: le tensioni internazionali, che ruotano ancora una volta attorno alla Siria, e l’epidemia di coronavirus. «Saluto le Associazioni e i gruppi che si impegnano in solidarietà con il popolo siriano», dice il Santo Padre, «e specialmente con gli abitanti della città di Idlib e del nord-ovest della Siria […] costretti a fuggire dai recenti sviluppi della guerra. Cari fratelli e sorelle, rinnovo la mia grande apprensione, il mio dolore per questa situazione disumana di queste persone inermi, tra cui tanti bambini, che stanno rischiando la vita». Quanto al coronavirus, «sono vicino con la preghiera», dice, «alle persone che soffrono per l’attuale epidemia di coronavirus e a tutti coloro che se ne prendono cura. Mi unisco ai miei fratelli vescovi nell’incoraggiare i fedeli a vivere questo momento difficile con la forza della fede, la certezza della speranza e il fervore della carità».
Commentando le letture della liturgia del giorno, il Papa spiega che «il Vangelo di questa seconda domenica di Quaresima (cfr Mt 17,1-9) ci presenta il racconto della Trasfigurazione di Gesù. Egli prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e sale su un monte alto, simbolo della vicinanza con Dio, per aprirli ad una comprensione più piena del mistero della sua persona, che dovrà soffrire, morire e poi risorgere». Il miracolo della Trasfigurazione, infatti, allude alla Pasqua, anticipando, davanti ai tre discepoli, l’aspetto glorioso che il corpo di Cristo possiederà dopo la risurrezione.
Francesco osserva che «noi non siamo stati sul monte Tabor, non abbiamo visto con i nostri occhi il volto di Gesù brillare come il sole. Tuttavia, a noi pure è stata consegnata la Parola di salvezza, è stata donata la fede e abbiamo sperimentato, in forme diverse, la gioia dell’incontro con Gesù. Anche a noi Gesù dice: “Alzatevi e non temete” (Mt 17,7)». Un messaggio quanto mai opportuno «in questo mondo, segnato dall’egoismo e dall’avidità […]. Diciamo spesso: non ho tempo per pregare, non sono capace di svolgere un servizio in parrocchia, di rispondere alle richieste degli altri… Ma non dobbiamo dimenticare che il Battesimo che abbiamo ricevuto ci ha fatto testimoni, non per nostra capacità, ma per il dono dello Spirito», che perfeziona la natura senza negarla. «Nel tempo propizio della Quaresima, la Vergine Maria ci ottenga» allora «quella docilità allo Spirito, che è indispensabile per incamminarci risolutamente sulla via della conversione».
Lunedì, 9 marzo2020