Intervista ad Alfredo Mantovano: La Carta? Pensiamola a misura della famiglia
Mario Bozzi – Sentieri – giovedì 13 aprile 2017
Su iniziativa di Alleanza Cattolica e del Comitato Difendiamo i nostri figli, con il patrocinio della Regione Liguria, si è tenuto a Genova il convegno La famiglia a grandezza naturale – Riflessioni e prospettive. L’incontro è stato un utile momento di riflessione per declinare il tema della difesa della famiglia in diversi ambiti, grazie agli interventi di vari “specialisti”. Al tavolo dei relatori si sono infatti alternati l’economista Claudio Borghi Aquilini, il filosofo Diego Fusaro, il neurochirurgo Massimo Gandolfini, il magistrato Alfredo Mantovano, la giornalista Costanza Miriano, coordinati dal sociologo Francesco Belletti. Alfredo Mantovano ha posto alcune questioni di metodo e di principio, che vale la pena approfondire, per il loro valore “programmatico”. Su questa ipotesi di lavoro, insieme culturale e politica, abbiamo posto a Mantovano alcune domande.
Di fronte al tentativo di sminuire il ruolo della Famiglia, snaturandone l’essenza, si ha l’impressione che il mondo cattolico sia sulla difensiva, incapace di realizzare un’organica strategia d’attacco ….
E’ vero, e anzi spesso pure nel gioco in difesa ci si ritrova in pochi. Eppure l’orizzonte in senso lato politico di quello che – per facilità di identificazione – si qualifica come il “popolo dei Family day” non può coincidere sempre e soltanto con la pur necessaria contrapposizione di volta in volta a iniziative come le “unioni civili” o le “disposizioni anticipate di trattamento”. Deve ampliare il quadro e rilanciare l’organica articolazione della Dottrina sociale della Chiesa, declinandola oggi con indicazioni propositive rispetto ai principali fattori di crisi.
Appellarsi ai principi dunque non basta …
Qualche segnale di vitalità nel corpo sociale è incoraggiante, ma va ripreso. Per esempio, la reazione che ha condotto alla vittoria del No al referendum costituzionale. Lo spiegamento di forze a sostegno del Sì è stato impressionante, mentre il fronte del No si è presentato frammentato, diviso, talora inadeguato. E però quest’ultimo ha vinto: il 60% conseguito dai No non si spiega con la mera sommatoria dei simpatizzanti di MoVimento 5 stelle, Lega, Fratelli d’Italia, di una parte di Forza Italia e della minoranza del Partito democratico. Ci sono ulteriori addendi, non ultimo quello di tante famiglie italiane che non si sono sentite rappresentate e che hanno scelto quella forma di protesta. Che cosa se ne fa di questa vittoria – se pure in quota parte – quella fascia consistente di elettorato cattolico italiano che si è schierata per il No? Come “capitalizza” il successo? Tutto si è concluso con l’archiviazione di un cattiva riforma costituzionale?
Riconfermato il ruolo della Famiglia, quale snodo essenziale del vivere umano, in quale ambito – oltre quello culturale – è necessario muoversi?
“Capitalizzare” il voto del 4 dicembre significa anzitutto dare continuità ai ragionamenti sviluppati durante la campagna referendaria: durante la quale le ragioni a sostegno del No non erano all’insegna della difesa della “Costituzione più bella del mondo”. Noi abbiamo affermato che quella riforma della Costituzione aveva un carattere peggiorativo, non che – a settant’anni dal suo varo – la nostra Carta fondamentale non abbia necessità di un robusto restyling. Una volta scongiurato il pericolo di una modifica in pejus, va illustrata qual è la riforma che preferiamo: è il momento di lanciare una campagna culturale e politica in questa direzione.
Su quali articoli della Costituzione sarebbe utile intervenire?
Nel 1948 leistituzioni europee non esistevano neanche in nuce. Oggi larga parte delle norme che disciplinano la nostra vita quotidiana è di provenienza comunitaria. Nella Costituzione italiana vi è appena un cenno alle disposizioni europee, ma l’intero impianto nella sostanza non tiene conto dell’esistenza di un ordinamento europeo, sovraordinato rispetto a quello nazionale, per la semplice ragione che settant’anni fa il primo non c’era. La sua attuale consistenza e la sua prevalenza qualitativa e quantitativa impongono una revisione delle norme costituzionali, per rendere più chiari e precisi i meccanismi – in salita – di collaborazione nazionale alla formazione delle norme europee e – in discesa – di corretto recepimento di queste ultime, soprattutto per quel che attiene alla famiglia e ai corpi intermedi.
Perché sono necessarie queste “sottolineature” del dettato costituzionale?
Perché, per esempio, nel 1948 quando si parlava di matrimonio si pensava a un uomo e a una donna e si dava per scontato che il diritto alla vita fosse prevalente: per questo la Costituzione non contiene né l’esplicita menzione della tutela della vita – era scontato che fosse la premessa per il godimento di tutti gli altri diritti – né, a proposito della famiglia, la precisazione che essa si forma quando si sposano un uomo e una donna. Durante la discussione in Parlamento che ha condotto nel 2016 all’approvazione della legge c.d. sulle unioni civili, a fronte dei rilievi di illegittimità costituzionale nei confronti di disposizioni che hanno di fatto introdotto il matrimonio same sex, vi è stato chi è giunto a sostenere che la Costituzione non vieterebbe le nozze fra persone dello stesso sesso, per la semplice ragione che non precisa espressamente che ci si sposa solo fra un uomo e una donna (sic!). Se oggi viene messo in dubbio il senso dell’espressione contenuta nell’articolo 29, “società naturale fondata sul matrimonio”, qualificativa della famiglia, vuol dire che è necessario rendere esplicito in Costituzione ciò che settant’anni fa era considerato acquisito.
Quale ruolo potrebbe avere una riforma della Costituzione a misura familiare?
Le disposizioni sulla vita, sulla famiglia e sulla libertà di educazione esigono di essere ulteriormente dettagliate. Come nel 2012 è stato inserito nella Costituzione il principio del pareggio annuale di bilancio, così è auspicabile prevedere – per esempio – una maggiore cogenza nella tutela della maternità e dell’infanzia, con formule normative più stringenti, dalle quali derivino priorità nelle scelte ordinarie di allocazione delle risorse, che orientino il Governo e il Parlamento.
Come declinare politicamente una iniziativa del genere?
Se oggi quella parte del mondo cattolico che ha condotto il fronte del No al referendum del 4 dicembre 2016 proponesse una piattaforma costituzionale per la famiglia, quest’ultima potrebbe diventare il discrimine per orientare il consenso alle forze politiche che si presenteranno alle prossime elezioni, a ciascuna delle quali andrà proposto di farla propria. Confrontando il rilievo politico dei cattolici (e di coloro che, al di là della confessione religiosa, si ispirano a una prospettiva di principi naturali) nelle passate Legislature con quello nella Legislatura in corso, quantitativamente più esiguo, e immaginando, in assenza di cambiamenti, un ulteriore affievolimento nella prossima Legislatura, dalla primavera 2018, la questione della rappresentanza politica dei cattolici italiani esiste, e mostra un profilo preoccupante. Negarlo e non farsene carico equivale di fatto a rassegnarsi e a recitare la parte di spettatori delle frammentazioni altrui e della sottomissione del corpo sociale a poteri sempre meno rappresentativi.