Di Maite Carpio da List dell’08/07/2021
Mentre il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, visitava ufficialmente la Francia e i giornali ci raccontavano della nascita di un accordo strategico che avrebbe dovuto cambiare le sorti degli equilibri europei (il che non è affatto vero), il presidente Emmanuel Macron e la cancelliera Angela Merkel si sono parlati in un incontro a tre (significativo), con l’unico leader che conta davvero: il segretario generale del Partito Comunista Cinese, l’ultimo imperatore, Xi Jinping. Si tratta della terza videoconferenza che hanno tenuto nell’ultimo anno – sempre loro tre e nessun altro – ma quest’ultima era davvero impegnativa. I due grandi leader europei hanno provato a rilanciare una proposta di cooperazione tra le parti dopo mesi di dissidio e logoramento, aggravati dalle conclusioni dei vertici del G7 e della NATO, che hanno visto l’amministrazione americana giocarsi tutte le carte nel tentativo di Joe Biden di portare tutta l’Europa sotto il suo ombrello e così isolare definitivamente la Cina.
Gli argomenti sono i soliti: il mancato rispetto dei diritti umani (sacrosanti), l’aggressivita nel Pacifico. Le questioni geopolitiche sono sempre complesse e cambiano spesso versione. Per queste ragioni Merkel e Macron, gli unici leader europei che per il momento contano per Xi Jinping, hanno provato a ritagliarsi per l’Europa una posizione propria, non sottomessa al diktat americano, molto piu belligerante di noi – per ovvi motivi – nel confronto con la grande potenza asiatica. Scacchiera diplomatica ad alto voltaggio se pensiamo che dietro c’è anche la Russia e il suo zar Putin. Il comunicato ufficiale pubblicato dall’Eliseo, un capolavoro d’uncinetto, ha dovuto riconoscere che entrambi i paesi erano preoccupati per “la situazione dei diritti umani in Cina e ricordano le loro esigenze per quanto riguarda la lotta contro il lavoro forzato”. Certamente! Peccato che fosse solo una frase arrivata alla fine del testo. Un testo che ha preferito mettere in risalto la cooperazione che entrambi i contendenti vorrebbero affrontare in materia di cambio climatico, connessioni aeree, programmi di infrastrutture che collegheranno entrambi i continenti via terra e via mare, e sopratutto gli accordi commerciali che sono stati sospesi a maggio scorso dal Parlamento Europeo che ha congelato la ratificazione degli accordi di investimenti reciproci che erano stati chiusi a dicembre del 2020, dopo sette anni di estenuanti trattative. Altro che diritti umani.
L’agenzia di stampa cinese Xinhua, ha riferito puntualmente che Xi Jinping ha considerato l’incontro come una “opportunità”. E con questo spirito ha fatto ai suoi interlocutori una proposta esplosiva: la creazione di una format a quattro – Cina, Germania, Francia e Africa – per equilibrare la supremazia cinese nel continente e fermare, se mai fosse possibile, il deterioramento della tradizionale influenza europea. Xi Jinping ha colpito il cuore del grande problema dell’Europa, l’immigrazione, facendo una proposta molto pericolosa per gli equilibri interni dell’Unione.
L’agenda dell’incontro, resa publica pochissime ore prima, era molto tecnica, ma conteneva la grande sfida geopolitica di questi tempi: dove vuole posizionarsi l’Europa nella guerra dichiarata tra Washington e Pechino? Sappiamo che i governi non sono pronti ad immolarsi per la battaglia dei diritti umani e ancora meno per i principi democratici per cui, con il pragmatismo che la caratterizza, la cancelliera Merkel ha dichiarato che prenderà seriamente in considerazione la proposta. Insomma, dopo il G7 in Cornovaglia e il vertice NATO, i rapporti europei con l’impero cinese si erano davvero deteriorati e bisognava correre ai ripari. Sempre secondo la tv cinese CCTV, Xi Jinping ha chiesto ai due leader europei il coraggio di dimostrare una loro “indipendenza strategica”. Traduzione dal linguaggio diplomatico; lasciate perdere le direttive di Washington perché non vi conviene. C’è poi la spinosa questione delle indagini sulle origini del Covid-19 che l’Occidente, istigato da Biden, ha cominciato a sollecitare, con poca chiarezza scientifica e insinuando che la sola possibilità sia che il virus sia “saltato” da un laboratorio, quindi che si tratta di una manipolazione umana disegnata a tavolino. “Mission impossible”, siamo nell’affascinante mondo delle cospirazioni, una saga che non finirà mai.
Gli statisti europei si trovano al bivio: non è possibile la formula “tutti contro la Cina” perché non sarebbe fattibile la cooperazione tra blocchi, prima di tutto necessaria alla nostra economia e al nostro futuro, ma non possiamo nemmeno permetterci di adottare una posizione ambigua e ambivalente in questa guerra perche è chiaro che non siamo i rivali degli Stati Uniti, condividiamo valori, storia e, alla fine, anche i principi democratici. Insomma, il multilateralismo che tanto piace a noi occidentali, oggi piu che mai è messo davvero a rischio. Nel “tutti contro la Cina” si fortifica l’alleanza di Pechino con Mosca (e non solo), è la nostra ostilità che fomenta la loro “fratellanza”.
L’economia cinese è cresciuta del 18,3% nel primo trimestre del 2021, se mettiamo la crescita russa o europea a confronto si capisce subito come gira il pendolo. I cinesi hanno dimostrato un’efficienza sanitaria (dittatoriale), economica (reale) e tecnologica (schiacciante) senza pari. Il desiderio di Pechino di battersi per il predominio economico non è un mistero.
Il segreto di Xi Jinping è il controllo del Partito comunista cinese (91 milioni di iscritti), la spallata della Cina è un fenomeno irreversibile e il miracolo è possibile proprio grazie al controllo della struttura politica. La Cina era un paese povero, in pochi anni è diventata la seconda potenza economica mondiale, il Partito comunista è la spina dorsale della trasformazione. Pochi giorni fa hanno festeggiato i 100 anni della nascita del Pcc, fondato da un piccolo gruppo di sconosciuti intellettuali a Shanghai, sotto la guida di Mao Tse Tung. Nessun partito politico al mondo è rimasto così tanto al potere, seguono a grande distanza solo i 74 anni del partito bolscevico nell’Unione sovietica. In uno scenario simbolico, la piazza di Tienanmen, di fronte al mausoleo del Condottiere, gremita di bandiere rosse, fiori e più di 70mila persone, tutte vaccinate e Covid testate, inclusi i giornalisti internazionali accreditati, Xi Jinping ha dichiarato che “il popolo cinese non permetterà mai che nessuna forza straniera possa istigarci, opprimerci o schiavizzarci”.
Durante la cerimonia, iniziata alle 8 del mattino, l’imperatore Xi si è presentato con un semplice completo stile Mao, rigoroso colore grigio, di fronte a un leggìo con la falce e il martello. Si è rivolto così al popolo cinese, dallo stesso posto dove nell’ottobre di 1949 Mao Tse Tung proclamò la nascita della Repubblica Popolare, per ricordare che chiunque ci proverà “si troverà di fronte la Grande Muraglia cinese costruita da 1 miliardo e 400 mila cinesi”. Standing ovation programmata. Per alzare ancora il tiro, Xi Jinping non ha avuto remora a precisare che considera zone sensibili per la sicurezza del paese i territori di Hong Kong, Xinjiang (la provincia dove abita la comunità degli Uiguri) e ovviamente Taiwan che la Cina considera suo territorio. Ottanta aerei militari, tra i quali il potente caccia J-20, si sono esibiti in formazione per ricreare il numero 100 che richiamava l’anniversario. Dobbiamo tutto al Partito e ne “dobbiamo mantenere la leadership”. Sulle note dell’Internazionale, centinaia di colombe bianche e gli immancabili palloncini, sono decollati per invadere il cielo di Pechino.
La Lunga Marcia, il Grande balzo in avanti, la Rivoluzione culturale, fino ai tragici episodi del 1989 a Tienanmen, ci mostrano come la storia della Cina non sia priva di svolte senza ritorno. Xi Jinping l’ha capito molto bene, per questo vuole ancorarsi alla lunga storia del Partito, quello che controlla la vita reale dei cittadini e dei lavoratori. Non è solo il condottiere che era Mao, o “il piccolo timoniere” come era conosciuto Deng Xiaoping, Xi è anche “navigante e timoniere principale” e aspetta la riconferma del suo mandato nel congresso del 2022, superando ogni limite generazionale. Le sfide che ha davanti sono tante, culminano con l’idea di unificare il paese con l’annessione di Taiwan e la colonizzazione del Mar della Cina Meridionale, eliminare la minoranza degli Uiguri e farla finita con la libertà di Hong Kong. A livello internazionale, prendersi il primato economico e tecnologico del mondo.
Fu Deng Xiaoping a varare la trasformazione socioeconomica del paese, anche se non ha conservato l’aureola magica che invece attribuiscono a Mao. Ma fu lui il primo a capire l’importanza dell’idea del mercato, della promozione della proprietà privata e delle liberalizzazioni che diedero una vera scossa alla macchina produttiva. Xi Jinping ha tracciato una nuova rotta, in linea con il passato del Partito, verso la modernizzazione, non tutti sono d’accordo sulla modalità, ma l’obbiettivo non si mette in discussione. Il modello non è perfetto e servono dosi di innovazione e qualche fantasia acrobatica. Merkel e Macron, e chi arriverà dopo a sostituirli, sono costretti a parlarci. Altrimenti la Cina diventerà un mostro.
Sono passati 100 anni, ma oggi come allora, regge la massima di Mao Tse Tung “il comunismo non ha nulla ha che vedere con l’amore. Il comunismo è un grande martello che usiamo per distruggere il nostro nemico”.
Foto da articolo