di Michele Brambilla
Negli Atti degli Apostoli la figura di san Paolo di Tarso (5 a.C.-67 d.C.) è centrale. Come spiega Papa Francesco nell’udienza generale del 9 ottobre, comincia a delinearsi nella narrazione del martirio di santo Stefano: Paolo «è descritto all’inizio come uno che approva la morte di Stefano», tanto che partecipa all’atto della lapidazione, «e vuole distruggere la Chiesa (cfr At 8,3); ma poi diventerà lo strumento scelto da Dio per annunciare il Vangelo alle genti (cfr At 9,15; 22,21; 26,17)».
Dopo l’uccisione del protodiacono «con l’autorizzazione del sommo sacerdote, Saulo dà la caccia ai cristiani e li cattura». Il Pontefice si discosta qui un poco dal racconto biblico per ricordare quanti, nel secolo XX, abbiano patito la medesima sorte dei cristiani di Gerusalemme: «voi», dove il pronome sta soprattutto per i pellegrini polacchi e croati salutati al termine dell’udienza, «voi, che venite da alcuni popoli che sono stati perseguitati dalle dittature, voi capite bene cosa significa dare la caccia alla gente e catturarla».
Il fariseo Saulo sembra essere il prototipo del persecutore ideologico. «Il giovane Saulo è ritratto come un intransigente, cioè uno che manifesta intolleranza verso chi la pensa diversamente da sé, assolutizza la propria identità politica o religiosa e riduce l’altro a potenziale nemico da combattere. Un ideologo. In Saulo la religione si era trasformata in ideologia: ideologia religiosa, ideologia sociale, ideologia politica». Il Santo Padre aggiunge: «la condizione rabbiosa – perché Saulo era rabbioso – e conflittuale di Saulo invita ciascuno a interrogarsi: come vivo la mia vita di fede? Vado incontro agli altri oppure sono contro gli altri? Appartengo alla Chiesa universale (buoni e cattivi, tutti) oppure ho una ideologia selettiva?».
A “fare problema”, allora come oggi, è il reticulum mixtum, il fatto che nel mondo e nella Chiesa convivano inestricabilmente santi e peccatori. La Chiesa ha dovuto fin dalle origini combattere correnti di pensiero interne ed esterne che volevano trasformarla in un circolo ristretto di “puri”, condizione in realtà impossibile sulla Terra. Come chi pensa di anticipare arbitrariamente il giudizio di Dio, il solo che demarcherà definitivamente buoni e cattivi, Saulo si dovette arrendere all’evidenza: «solo dopo essere stato trasformato da Cristo, allora insegnerà che la vera battaglia “non è contro la carne e il sangue, ma contro […] i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male” (Ef 6,12). Insegnerà che non si devono combattere le persone, ma il male che ispira le loro azioni».
È il metodo di Dio: «Luca racconta che, mentre Saulo è tutto intento ad estirpare la comunità cristiana, il Signore è sulle sue tracce per toccargli il cuore e convertirlo a sé. È il metodo del Signore: tocca il cuore», non sradica il peccatore poiché anche la vita del reprobo ha valore ai Suoi occhi. «Da questo “corpo a corpo” tra Saulo e il Risorto», conclude il Papa, «prende il via una trasformazione che mostra la “pasqua personale” di Saulo, il suo passaggio dalla morte alla vita». Il monito è chiaro: mai disperare del fratello, mai irrigidirsi fino a dimenticare di essere anche noi peccatori.
Giovedì, 10 ottobre 2019