Così il Pontefice, parlando dei bambini e dei disabili. Cita in proposito la beatificazione di due mistiche, Maria Antonia Samà e Gaetana Tolomeo, che sono una vera sfida alla mentalità contemporanea
di Michele Brambilla
Introducendo l’Angelus del 3 ottobre Papa Francesco osserva che «nel Vangelo della liturgia di oggi vediamo una reazione di Gesù piuttosto insolita: si indigna. E quello che più sorprende è che la sua indignazione non è causata dai farisei che lo mettono alla prova con domande sulla liceità del divorzio, ma dai suoi discepoli che, per proteggerlo dalla ressa della gente, rimproverano alcuni bambini che vengono portati da Gesù». L’incomprensione dei nemici era da mettere nel conto, ma Cristo non poteva tollerare di venire frainteso dai suoi stessi Apostoli, pertanto compie un gesto esplicativo: «ci ricordiamo – era il Vangelo di due domeniche fa – che Gesù, compiendo il gesto di abbracciare un bambino, si era identificato con i piccoli: aveva insegnato che proprio i piccoli, cioè coloro che dipendono dagli altri, che hanno bisogno e non possono restituire, vanno serviti per primi (cfr Mc 9,35-37). Chi cerca Dio lo trova lì, nei piccoli, nei bisognosi: bisognosi non solo di beni, ma di cura e di conforto, come i malati, gli umiliati, i prigionieri, gli immigrati, i carcerati», come ribadisce nuovamente il Pontefice.
Viviamo in un mondo in cui la fragilità è calpestata e si cerca il potere ad ogni costo. Anche a noi Gesù insegna che «chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). Parole che rimangono una novità assoluta nel panorama umano: «ecco la novità: il discepolo non deve solo servire i piccoli, ma riconoscersi lui stesso piccolo. E ognuno di noi, si riconosce piccolo davanti a Dio? Pensiamoci, ci aiuterà. Sapersi piccoli, sapersi bisognosi di salvezza, è indispensabile per accogliere il Signore» nei fratelli e non montare in superbia. «Nella vita riconoscersi piccoli è un punto di partenza per diventare grandi. Se ci pensiamo, cresciamo non tanto in base ai successi e alle cose che abbiamo, ma soprattutto nei momenti di lotta e di fragilità. Lì, nel bisogno, maturiamo; lì apriamo il cuore a Dio, agli altri, al senso della vita. Apriamo gli occhi agli altri. Apriamo gli occhi, quando siamo piccoli, al vero senso della vita», che va oltre le nostre possibilità di successo. Di fronte agli errori o alle tragedie la reazione più comune è l’avvilimento, ma in realtà «sta cadendo la maschera della superficialità e sta riemergendo la nostra radicale fragilità: è la nostra base comune, il nostro tesoro, perché con Dio le fragilità non sono ostacoli, ma opportunità. Una bella preghiera sarebbe questa: “Signore, guarda le mie fragilità…” ed elencarle davanti a Lui. Questo è un buon atteggiamento davanti a Dio».
Così fecero le due mistiche Maria Antonia Samà (1875-1953) e Gaetana Tolomeo (1936-97), elevate proprio la mattina del 3 ottobre agli onori degli altari: il Papa ricorda che, «sostenute dalla grazia divina, abbracciarono la croce della loro infermità, trasformando il dolore in una lode al Signore. Il loro letto divenne punto di riferimento spirituale e luogo di preghiera e di crescita cristiana per tanta gente che vi trovava conforto e speranza». In questo mondo inquinato dalla “cultura dello scarto”, più volte denunciata dal Santo Padre, le due beate sono una glossa ulteriore all’insegnamento imperituro della Chiesa sul valore intangibile della vita, dal concepimento alla morte naturale.
Lunedì, 4 ottobre 2021